Sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa.

PRIMA LETTURA: Rm 3,21-30a

L’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge.

SALMO: (Sal 129)

Con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione.

«In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.

Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.

Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».

Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca».  

Lc 11,47-54

Oggi, ci si propone il senso, l’accettazione ed il trattamento dato ai profeti: «Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno» (Lc 11,49). Sono persone di qualunque condizione sociale o religiosa, che hanno ricevuto il messaggio divino e si sono impregnati di esso; impulsati dallo Spirito, l’esprimono con segni e parole comprensibili nella loro epoca. È un messaggio trasmesso per mezzo di discorsi, mai compiacenti o comportamenti, quasi sempre difficili da accettare. Una caratteristica della profezia è la sua scomodità.

Non basta costruire memoriali, moltiplicare le commemorazioni o istituire giornate della memoria senza fare della storia macchiata di sangue uno specchio nel quale guardare sé stessi, esaminare la propria coscienza e rintracciare in essa i segni del medesimo peccato dei padri la cui radice ancora nel presente produce ingiustizie atroci. La lunga traccia di sangue, che viene dal lontano passato e giunge fino ai nostri piedi, è il segno di un filo rosso che unisce in drammatica solidarietà tutti gli uomini, che invece di disobbedire al male si ribellano contro Dio.

All’alleanza proposta da Dio e fondata sull’amore gli uomini spesso rispondono facendo tra loro connubi per combatterlo. Se comprendessimo quanto grande è l’amore di Dio e il suo desiderio di fare casa con noi scopriremmo la drammatica bellezza della sua fedeltà che arriva a spargere il proprio sangue per risparmiare le nostre inutili carneficine e lotte fratricide. In quel fiume di sangue dell’umana ingiustizia Gesù Cristo versa il suo perché venga redento e il cuore dell’uomo si converta dalla malvagità alla salvezza.

La parola di Gesù è scomoda e urticante risulta anche la testimonianza di chi, facendo il bene, denuncia la verità del nostro peccato. Se ci fermassimo solo a “cambiare canale” quando ascoltiamo qualcosa che ci risulta fastidioso, come quando chiudiamo gli occhi davanti ad una scena che ci inorridisce, sarebbe un problema contenuto, ma purtroppo capita sempre più spesso che dalla difesa passiamo all’attacco perché pretendiamo di eliminare ciò che contraddice il nostro pensiero o il nostro modo di agire.

Questo accade frequentemente sui social dove dal confronto sulle idee si scende al piano delle offese personali in duelli senza esclusioni di colpi. Il passaggio dal virtuale al reale è breve e la conflittualità giunge fino alla violenza fisica e psicologica. Soprattutto chi ricopre responsabilità pubbliche ha il compito di educare innanzitutto il proprio cuore per purificarlo da ogni forma di malvagità ereditata da una storia di conflitti fraterni.

Questo può avvenire solo se si accetta un confronto leale con l’altro da sé grazie al quale maturare la capacità di una sana autocritica e la volontà di stringere alleanze educative per lavorare insieme per il vero bene comune.