Lo uccideranno, ma risorgerà. I figli sono liberi dal tributo.

PRIMA LETTURA: Ez 1,2-5.24-28c

Così percepii in visione la gloria del Signore.

SALMO: (Sal 148)

I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.

«In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati.

Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì».

Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei».

E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».

Mt 17,22-27

Oggi, la liturgia ci offre diversi spunti da sottoporre alla nostra considerazione. Tra questi potremmo soffermarci su qualcosa che è presente lungo tutto il testo: l’atteggiamento familiare di Gesù con i suoi.

Dopo l’evento della trasfigurazione, in cui la voce dal cielo indirizzata ai tre discepoli li invitava ad ascoltare il Suo Figlio amato, e la liberazione di un giovinetto che gli altri discepoli non erano riusciti a curare per la loro poca fede, è presentato un altro quadro narrativo introdotto dall’insegnamento che Gesù offre ai discepoli circa la sua Pasqua.

Ci dice san Matteo che Gesù con i discepoli «si trovavano insieme in Galilea» (Mt 17,22). Potrebbe sembrare qualcosa di scontato, ma il fatto di menzionare che si trovavano insieme ci indica come l’evangelista vuole sottolineare la vicinanza di Cristo. Poi apre loro il Cuore per rivelare il cammino della sua Passione, Morte e Risurrezione, ovvero, qualcosa che Gesù porta ben dentro di sé e che non vuole che ignorino proprio coloro che tanto ama. Poi il testo descrive l’episodio del contributo delle tasse, e anche qui l’evangelista ci lascia intravedere l’atteggiamento di Gesù, che si pone alla pari di Pietro, nel contrapporre i figli (Gesù e Pietro) esenti dal versare il tributo, e gli estranei obbligati ad esso. Cristo, infine, dice loro come conseguire i soldi necessari per pagare non solo per Lui ma per entrambi e non essere, così, motivo di scandalo.

Su di essi cala un velo di tristezza e preoccupazione che fa forse dire a Pietro, che era stato interrogato sul fatto del pagamento della tassa per il tempio, una bugia per salvaguardare l’onore del suo maestro. Prima che Pietro riferisca l’accaduto, Gesù lo interroga, come fa un maestro con i suoi discepoli, sulla liceità della tassa richiesta. La tassa era una forma di sudditanza imposta ai popoli stranieri conquistati, mentre i figli, cioè i notabili, erano liberi da tale vincolo.

Richiedere di pagare una tassa per il tempio significava affermare che Dio esige qualcosa per mantenere in piedi una struttura; questo è ciò che di più distante ci possa essere dal vangelo! In realtà ciò che Dio sollecita non è assolutamente un prezzo da pagare, ma di vivere la fede con corresponsabilità soprattutto nella vita fraterna. Il tempio da mantenere non è un edificio, ma innanzitutto la comunità, cioè la Chiesa, fatta di pietre vive che sono i battezzati, e che abbraccia tutta l’umanità. Attraverso il suo sacrificio Gesù “paga il prezzo del nostro riscatto”, in modo che da estranei diventiamo figli.

Nessuno di noi potrebbe pagare il prezzo della libertà per riscattare la propria vita; è Dio che con il suo sangue, attraverso la sua vita donata, ben più preziosa di una moneta d’argento, ci fa figli liberi. Tuttavia, la libertà dei figli non è anarchia e autosufficienza, ma essa si esercita in pienezza nel momento in cui, insieme al sacrificio di Cristo Signore, viene offerta la nostra vita fatta di gioie e dolori, fallimenti e successi, cadute e ricominciamenti.

In tutti questi profili scopriamo una visione fondamentale della vita cristiana: il grande desiderio di Gesù di restare al nostro fianco. Dice il Signore nel libro dei Proverbi: «la mia gioia è vivere con gli uomini» (Prov 8,31). Come cambia, questa realtà, il nostro modo di interpretare la vita spirituale. Talvolta prestiamo l’attenzione e l’accento solo su ciò che facciamo, come se questo fosse la cosa più importante! La vita interiore, invece, si deve concentrare su Cristo, sul suo amore per noi, sul suo dono totale fino alla morte per me, nella sua costante ricerca del nostro cuore. Giovanni Paolo II lo esprimeva perfettamente in uno dei suoi incontri con i giovani: il Papa esclamò ad alta voce: «Guardate a Lui!».