Va’, tuo figlio vive.

PRIMA LETTURA: Is 65,17-21

Non si udranno più voci di pianto e grida di angoscia.

SALMO: (Sal 29)

Ti esalto, Signore, perché mi hai risollevato.

«In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.

Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.

Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.

Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.

Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea».

Gv 4,43-54

Oggi, nuovamente troviamo Gesù a Cana di Galilea, dove aveva realizzato il conosciuto miracolo della conversione dell’acqua in vino. Adesso, in questa occasione, fa un nuovo miracolo: la guarigione del figlio di un funzionario reale. Sebbene il primo sia stato spettacolare, questo è, senza dubbio, di maggior valore, perché, quello che si risolve con il miracolo, non è un qualcosa di materiale, ma si tratta della vita di una persona.

Ciò che attira la nostra attenzione in questo nuovo miracolo è che Gesù agisce a distanza, non va direttamente a Cafàrnao per guarire direttamente l’ammalato, ma, senza muoversi da Cana, rende possibile la guarigione: «Il funzionario del re gli disse: “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia” Gesù gli rispose: “Va’, tuo figlio vive» (Gv 4,49-50).

Il funzionario del re certamente era una persona molto in vista, abituata ad essere riverita e obbedita da tutti. Tuttavia c’è un momento nella vita di questa persona in cui egli si rende conto di non potere tutto, capisce che ci sono situazioni ed eventi che neppure lui col suo potere può controllare. Ecco quindi che la malattia del figlio, l’angoscia di perderlo, la frustrazione di essere impotente lo portano a sperare in colui che tutto può.

Si tratta di un’esperienza che tutti abbiamo fatto: il momento del dolore, della debolezza dell’impotenza può essere il momento della nostra conversione. Il momento in cui ci rendiamo conto di non essere Dio, il momento in cui tocchiamo con mano il nostro limite e capiamo che Dio è necessario, sono momenti dolorosi ma preziosissimi, perché le difficoltà possono diventare una chiamata alla fede, alla conversione.

Sappiamo che il funzionario, ricostruendo il momento in cui il Signore è entrato nella sua vita (“un’ora dopo mezzogiorno”), riconosce l’intervento di Dio nella sua vita, e riesce ad associare il bene ricevuto all’azione di Dio. Questo è un passaggio fondamentale per ciascuno di noi: il saper riconoscere che Dio opera nella nostra vita. Di fronte alle difficoltà e alla sofferenza possiamo lamentarci e imprecare, oppure possiamo riconoscere che in esse Dio opera per la nostra conversione e accettarle con la certezza che, se riusciremo a viverle con fede, da esse nascerà una vita nuova.

Questo ricorda a tutti noi che possiamo fare molto bene anche a distanza, cioè, senza bisogno di essere presenti sul posto dove si richiede la nostra generosità. Tante volte ci esimiamo dal fare il bene perché non abbiamo la possibilità di trovarci in quei posti dove ci sono necessità urgenti. Gesù non si scusò perché non era a Cafárnao, ma realizzò il miracolo.

La lontananza non presenta nessuna difficoltà al momento di essere generoso, perché la generosità parte dal cuore e oltrepassa tutte le frontiere. Come direbbe sant’Agostino: «Chi ha carità nel cuore, trova sempre qualcosa da dare».