Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.
PRIMA LETTURA: Gn 13, 2.5-18
Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore.
SALMO: (Sal 14)
Signore, chi sarà ospite nella tua tenda?
«In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.
Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».
Mt 7, 6.12-14
“Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci” (7,6).
Nella mentalità giudaica cani e porci sono animali impuri con i quali non si può convivere. Una mentalità ben radicata anche nel mondo musulmano. Ancora oggi. Nel linguaggio popolare questi animali diventano icona di tutti coloro che non appartengono al popolo eletto. Impuro è tutto ciò che è lontano da Dio e ci allontana da Dio. Fa pensare a quelli che non hanno ricevuto la luce e non sono neanche disposti ad accoglierla. Non è facile interpretare l’insegnamento che Gesù consegna ai discepoli. A prima vista si presenta come un divieto espresso nella forma più assoluta, come un invito a non avere niente a che fare con determinate categorie di persone. Questa spiegazione contrasta chiaramente con il comando di “portare il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15). Il mandato missionario non esclude nessuno. Anzi l’apostolo Paolo consegna a Timoteo questa regola:
“Annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità” (2Tm 4,2).
Tutti hanno diritto a ricevere l’annuncio ma non tutti sono pronti ad accoglierlo. E non sempre bisogna dare tutto a tutti. Dobbiamo dunque esercitare maggiore prudenza. Il primo a farlo è lo stesso Gesù. Ad esempio, quando gli scribi gli chiedono di spiegare in nome di chi ha scacciato i mercanti del tempio, il Nazareno sceglie di non rispondere:
“Io non vi dico in nome di chi, con l’autorità di chi faccio queste cose” (Mt 21,27).
In quel momento vorrebbe manifestare la sua identità, presentarsi come il Figlio inviato dal Padre. Purtroppo non può farlo perché i suoi interlocutori non sono sinceri. Non può comunicare la verità a coloro che volontariamente e ostinatamente hanno chiuso le porte alla luce. Non tutti sono pronti. Non sempre siamo pronti. Questo Vangelo chiede a tutti gli annunciatori di fare un buon discernimento per evitare di consegnare parole o impegni che non possono trovare accoglienza. Non è una forma di giudizio ma un’espressione della più delicata carità.