Io e il Padre siamo una cosa sola.

PRIMA LETTURA: At 11,19-26

Cominciarono a parlare anche ai Greci, annunciando che Gesù è il Signore.

SALMO: (Sal 86)

Genti tutte, lodate il Signore.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

«Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».

Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Gv 10,22-30

Oggi, vediamo Gesù che «passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone» (Gv 10,23), durante la festa della Dedicazione in Gerusalemme. Allora i giudei gli chiesero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente», e Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete» (Gv 10,24-25).

Solo la fede, rende capace l’uomo di riconoscere Gesù come il figlio di Dio. Giovanni Paolo II parlava nell’anno 2000, in un incontro con i giovani a Tor Vergata, del “laboratorio della fede”. Per la domanda «Chi sono io secondo la gente?» (Lc 9,18) ci sono molte risposte… Però Gesù passa poi al livello personale: «E voi chi dite che io sia?». Per rispondere correttamente a questa domanda è necessaria la “rivelazione del Padre”. Per rispondere come Pietro «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16) bisogna essere in grazia di Dio.

Però, anche se Dio vuole che tutti credano e si salvino, solo gli uomini umili sono abilitati per ricevere questo dono. «Con gli umili invece c’è la saggezza» si legge nel libro dei Proverbi (11,2). La vera saggezza dell’uomo consiste nell’aver fiducia in Dio.

La mancanza di fiducia porta a vedere le cose in maniera opaca. Vorremmo che gli altri fossero chiari nel loro modo di parlare e di agire ma non ci rendiamo conto che l’ambiguità che imputiamo agli altri è dentro noi stessi. Così è accaduto anche a Gesù al quale i Giudei chiedono di parlare apertamente e dichiarare se è lui il Cristo o no.

I segni compiuti da lui, non ultimo quello che ha visto la guarigione di un uomo nato cieco, sono una chiara dimostrazione che è giunto il tempo messianico. Lo crede l’uomo sanato che, partendo dalla sua guarigione, riconosce in Gesù non un peccatore, come invece vorrebbero far intendere le autorità, ma un uomo che viene da Dio. Le opere di Gesù testimoniano che è il Pastore secondo il cuore di Dio, come promesso dal profeta Geremia. Le guarigioni mostrano la cura amorevole che Dio ha verso i poveri.

Chi sperimenta l’amore di Dio acquista consapevolezza del fatto di appartenergli come figlio e non come schiavo. Il legame che si instaura non è di dipendenza come se Dio facesse favori in cambio di una qualche contropartita. Dio si prende cura di noi perché ci ama e per questo non fa semplicemente qualcosa ma dà la sua vita. Questo vuol dire che si crea un legame parentale che, tuttavia, ha futuro se da parte nostra c’è l’impegno a crescere nel rapporto con lui.

La fede non matura grazie a dinamiche automatiche o per forza d’inerzia, ma matura in virtù di una graduale e sempre più intima relazione con Dio grazie alla quale si diventa parte di quella bellissima familiarità divina che unisce Gesù al Padre. A questo ci conduce Gesù se ascoltiamo la sua parola e seguiamo il suo esempio di vita. La fede ci aiuta a vedere il nostro futuro con meno incertezza perché il pastore, donando la sua vita sulla croce, ci ha spalancato le porte del cielo.

San Tommaso D’Aquino commenta questo brano del Vangelo dicendo: «Grazie alla luce del sole posso vedere, però se chiudo gli occhi non vedo; però non è per colpa del sole, ma per colpa mia».

Gesù dice loro che se non credono, che credano almeno per le opere che Lui fa, che manifestano il potere di Dio: «le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza» (Gv 10,25).

Gesù conosce le sue pecore e le sue pecore ascoltano la sua voce. La fede porta al rapporto con Gesù nella preghiera. Cos’è la preghiera, se non il rapporto con Cristo, che sappiamo che ci ama e che ci porta al padre? Il risultato e premio di questa intimità con Gesù in questa vita, è la vita eterna, come abbiamo letto nel Vangelo.