Se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito.

PRIMA LETTURA: At 16,22-34

Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia.

SALMO: (Sal 137)

La tua destra mi salva, Signore.

Oppure:

Signore, il tuo amore è per sempre.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

«In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:

«Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore.

Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi.

E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».

Gv 16,5-11

Oggi il Vangelo ci offre una comprensione più profonda della realtà dell’Ascensione del Signore. Nella lettura del Vangelo di Giovanni della Domenica di Pasqua, Gesù dice a Maria Maddalena che non lo trattenga perché «non sono ancora salito al Padre» (Gv 20,17). Nel Vangelo di oggi Gesù si rende conto che «perché vi ho detto questo, la tristezza ha invaso il vostro cuore», ma «è bene per voi che io me ne vada» (Gv 16,6-7). Gesù deve ascendere al Padre. Tuttavia, è ancora tra noi.

Come può andarsene e rimanere allo stesso tempo? Questo mistero lo spiegò il nostro Santo Padre, Papa Benedetto XVI: «E dato che Dio abbraccia e sostiene l’intero cosmo, l’Ascensione del Signore significa che Cristo non si è allontanato da noi, ma che adesso, grazie al fatto di stare con il Padre, è vicino ad ognuno di noi, per sempre».

La nostra speranza si trova in Gesù Cristo. Con la sua conquista sulla morte ci diede una vita che la morte non potrà mai distruggere, la sua Vita. La sua risurrezione è la dimostrazione che lo spirituale è reale. Nulla può separarci dall’amore di Dio. Nulla può diminuire la nostra speranza. Le cose negative del mondo non possono distruggere tutto ciò che di positivo Cristo ci ha donato.

Il mondo imperfetto in cui viviamo, un mondo in cui soffrono gli innocenti, può portarci al pessimismo. Ma Gesù ci ha trasformato in eterni ottimisti.

Il distacco della morte è un trauma e il solo pensiero provoca tristezza. Essa ha riempito il cuore dei discepoli e colma anche il nostro impedendoci, come era accaduto anche a loro, di guardare oltre la morte e intravedere un senso che supera le umane aspettative e delusioni. Il dolore provoca una chiusura anche della mente che forse si pone tante domande ma non quella più giusta per elaborare sanamente la sofferenza. Quanto più avvertiamo il vuoto di senso di ciò che ci accade di traumatico tanto più la mente si affolla di interrogativi che ci fanno rimanere nel perimetro del ragionamento umano.

Gesù ci invita a porre una domanda: «Dove vai?», cioè a chiedere quale sia l’orizzonte sul quale si poggiano gli occhi del suo cuore. «Dove vai?» è una richiesta di condivisione della stessa speranza che muove la scelta di Gesù di amarci fino alla fine. Domande come questa sono una porta aperta ad accogliere l’altro anche se non comprendiamo appieno le sue scelte. Ci si pone in un atteggiamento di ascolto e così ampliare la propria visione unendola a quello dell’altro.

Questo vale anche nel rapporto con Dio. Interrogarlo significa cercare il senso della vita accettando di lasciarci accompagnare dalla sua Parola. Anche da quello, che agli occhi dei discepoli appare una tragedia, può venirne un bene. Gesù assicura che la sua morte e il distacco da loro è un passaggio necessario, sebbene doloroso, perché venga lo Spirito Santo. Quante volte non siamo capaci di vedere nei drammi della vita una novità che si affaccia e un’opportunità che si presenta davanti a noi.

Lo Spirito Santo, illuminandoci, getta luce sulla colpa del mondo ovvero la chiusura alla grazia di Dio. Il rifiuto di Dio condanna alla tristezza, alla cecità del cuore e a subire la stessa sconfitta del principe di questo mondo.