Gesù insegnava come uno che ha autorità
PRIMA LETTURA: Eb 2,5-12
Conveniva infatti che Dio rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza.
SALMO (SAL 8)
Hai posto il tuo Figlio sopra ogni cosa.
“In quel tempo, Gesù, entrato di sabato
nella sinagoga, [a Cafarnao,] insegnava. Ed erano stupìti del suo insegnamento:
egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli
scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e
cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a
rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente:
«Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì
da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai
questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti
impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.”
Gesù insegna in modo diverso
dagli altri, insegna con autorità. Non è tanto il contenuto, bensì il modo di
insegnare che impressiona. È con questo “modo
diverso” che Gesù crea una coscienza critica nella gente rispetto alle
autorità religiose dell’epoca. E la gente lo percepisce. Gli scribi insegnavano
citando le autorità. Gesù non ne cita nessuna, ma parla partendo dalla sua
esperienza di Dio e della sua vita. La sua parola ha le radici nel cuore.
Il primo miracolo che Gesù compie nel vangelo di Marco è l’espulsione del
potere del male che si impossessa delle persone. Anche oggi, molti vivono
alienati da se stessi, ingannati dal potere dei mezzi di comunicazione, della
propaganda, del commercio. Tanti ripetono ciò che sentono dire, vivono schiavi
del consumismo, oppressi dalle prestazioni del denaro, minacciati dai debitori.
Molti pensano che la loro vita non è come dovrebbe essere se non possono comprare
ciò che la propaganda annuncia e raccomanda.
Il vangelo odierno è un invito forte il comando del Signore:
«Taci ed esci da lui!».
Gesù restituisce le persone a
se stesse. Restituisce la coscienza e la libertà. Fa recuperare alla persona il
perfetto giudizio (cfr. Mc 5,15). Non è stato facile allora, non lo è stato
ieri, non lo è oggi fare in modo che una persona cominci a pensare e ad agire
in modo diverso dall’ideologia ufficiale. Da sempre Gesù minaccia lo spirito
del male.
Sant’Agostino affermava con saggezza: «Vanno
gli uomini ad ammirare le vette dei monti, e i grandi flutti del mare, e il
lungo corso dei fiumi, e l’immensità dell’Oceano, e il volgere degli astri, e
si dimenticano di se medesimi».
La liturgia della Parola odierna ci invita a rompere ogni titubanza e
inoltrarci là dove dimoriamo troppo poco, forse mai, per il timore di
incontrarci con quello sconosciuto che noi siamo. È giunta l’ora di guardarci
negli occhi per scoprire quella traccia che il tocco di Dio, creandoci, ci ha
lasciato. E gioirne.
«L’uomo avanza quando arriva a capire la vera natura dell’io, vi medita sopra e cerca di seguirne le buone inclinazioni. Ma se non fa questo, andrà verso il fallimento», affermava Gandhi.
Occorre far tacere la voglia di un cristianesimo sensazionale, capace di produrre segni prodigiosi, momenti magici… dobbiamo far emergere piuttosto una sequela fatta di dono e di offerta che si coniuga con il quotidiano, con una crescita che conduce, lentamente ma decisamente, al riconoscere la presenza della nostra fede dentro la storia, nei gesti, coraggiosi e silenziosi, della fraternità, del perdono, della generosità e dell’amore.