Dicono e non fanno.

PRIMA LETTURA: Is 1, 10.16-20

Imparate a fare il bene, cercate la giustizia.

SALMO: (SAL 49)

A chi cammina per la retta via mostrerò la salvezza di Dio.
Oppure:
Mostraci, Signore, la via della salvezza.


«In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati rabbì dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare rabbì, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate padre nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare guide, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».”

Mt 23,1-12

È bellissimo il vangelo di oggi, è un vangelo ricco di suggestioni profonde. Gesù parlava alla folla, e gli scribi e i farisei seguivano spesso con molta attenzione i suoi discorsi, perché si sentivano toccati e spesso duramente criticati, come in questa occasione. Diceva a proposito di questi maestri della folla: “Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno”.

Gesù rimprovera ai farisei l’ostentazione di opere e meriti per farsi vedere, la ricerca di stima e di gloria, il voler essere considerati maestri di vita, “perché dicono e non fanno”. “Si sono assisi sulla cattedra di Mosè, ma non sono segno di una presenza di Dio. Mettevano in evidenza la loro persona, la loro autorità. “Voi, miei discepoli, non fatevi chiamare maestri; uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli”.

E poteva ben dirlo, egli che era venuto per servire e non essere servito. In opposizione a tutta questa ricerca di consensi personali nel servizio dell’autorità, Gesù ripropone: c’è un solo Maestro che non vi inganna, c’è un solo Padre che vi ama davvero. Tutti siamo nel rischio di farci chiamare maestri, e di attirare indebitamente su di noi un’attenzione. Poco ci preoccupiamo di quello che siamo agli occhi di Dio. Spesso trascuriamo quello che Dio solo vede, la preghiera nascosta, le opere di carità “non sappia la tua sinistra ciò che fa la destra”.

Mentre mettiamo maggior cura in ciò che, pur fatto per Dio potrebbe essere visto dagli altri in nostro prestigio, un’esigenza, un presunto diritto, specialmente quando ci si trova ad esercitare un’autorità. L’autorità è un riflesso di Dio e di Cristo, nient’altro. Con la proposta di questo testo evangelico costatiamo come la Chiesa esiga dai suoi figli in questa quaresima una conversione, che scavi in profondità.

Essere attenti a non metterci tra gli altri e Dio, semmai servi, non maestri.