La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai.
PRIMA LETTURA: 2Tm 1,1-8
Mi ricordo della tua schietta fede.
Oppure:
Tt 1,1-5
A Tito, mio vero figlio nella medesima fede.
SALMO: (Sal 95)
Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
Lc 10,1-9
Nella festa che fa memoria di Timoteo è Tito si interrompe la lettura continuata del vangelo di Marco e ci viene proposto un testo di Luca, legato alla missione dei discepoli di Gesù. Settantadue sono gli inviati secondo il testo lucano proposto oggi.
Anche questo un numero non è casuale, poiché secondo le conoscenze bibliche indica le “nazioni”, i popoli pagani-gentili, comunque fuori di Israele. È importante sottolineare che quando il messaggio di Gesù è indirizzato a tutti i popoli i discepoli siano un numero corrispondente a ciascuna nazione, mentre il numero dodici che indica gli apostoli rimandi alla costituzione del popolo di Israele, alle dodici tribù che lo costituiscono.
Quando Gesù invia i discepoli ad evangelizzare si assicura che vadano a due a due. Perché questo? Perché la nostra vita spirituale si regge sulla relazione con Dio prima di tutto, ma anche con chi Egli pone al nostro fianco.
Nessuno di noi basta a sé stesso, abbiamo necessità di condividere la gioia ma anche la fatica dell’annuncio del Vangelo con qualcuno che creda in ciò in cui crediamo noi e viva per questo. Allora guardiamoci intorno e ringraziamo il Signore per i fratelli nella fede che ha posto al nostro fianco, possono essere: amici, animatori, genitori, sacerdoti.
Sono coloro che danno noi testimonianza, ci sostengono, incoraggiano e soprattutto, ci fanno gustare la gioia di essere Chiesa. Non diamo per scontato la loro presenza, perché non lo è. Essa è segno della cura che il Signore ha per ciascuno di noi.
Ogni eucaristia culmina con l’invio missionario: andate! L’esperienza cristiana oscilla tra lo stare con Gesù ed entrare in una intimità sempre più familiare con Lui, ascoltando la sua parola e nutrendosi del suo corpo, e uscire per andare verso i fratelli per portare la pace e preparare i cuori ad accoglie il dono dello Spirito Santo.
La missione del cristiano, che pure è accompagnata da Dio, è preceduta ed è seguita dalla sua azione salvifica. I discepoli missionari sono inviati come operai in un campo già seminato. I destinatari dell’opera missionaria sono come le spighe di grano il cui seme è stato gettato nel terreno della storia. Il seme è la vita che Gesù ha donato spargendo il suo sangue ed effondendo lo Spirito dalla croce.
Gli operai non sono padroni del campo ma servi del padrone della messe. Il padrone è uno solo perché uno è il Signore. La mission che Gesù dà ai discepoli li costituisce in comunità. Vanno a due a due perché si ricordi sempre di agire non per sé stessi o di propria iniziativa, ma perché portatori di un dono che non può essere gestito in proprio ma solo condiviso in fraternità.
La comunione fraterna è la prima testimonianza del vangelo che si offre al mondo. La comunità dei due discepoli ricorda ad ogni famiglia, piccola chiesa domestica, che vivendo il comandamento dell’amore, puntando all’essenziale, praticando la mitezza, annuncia il vangelo e riflette in sé, come in un frammento di specchio, l’immensità dell’amore di Dio.