Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto.
PRIMA LETTURA: At 15,1-6
Fu stabilito che salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.
SALMO: (Sal 121)
Andremo con gioia alla casa del Signore.
Oppure:
Alleluia, alleluia, alleluia.
«In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Gv 15,1-8
Oggi, contempliamo di nuovo Gesù circondato dagli Apostoli, in un clima di speciale intimità. Lui confida loro quelle che potremmo considerare come le ultime raccomandazioni: ciò che si dice all’ultimo momento, nell’istante del congedo, e che ha una forza speciale, come se si trattasse di un ultimo testamento.
Ce li immaginiamo nel cenacolo. Lì Gesù ha lavato loro i piedi, gli ha ripetuto che deve andarsene, gli ha tramesso il comandamento dell’amore fraterno e li ha consolati con il dono dell’Eucaristia e la promessa dello Spirito Santo (cf. Gv 14). Immersi nel quindicesimo capitolo di questo Vangelo, troviamo ora l’esortazione all’unità nella carità.
Il Signore non nasconde ai discepoli i pericoli e le difficoltà che dovranno affrontare nel futuro: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Però loro non devono abbattersi né demoralizzarsi di fronte all’odio del mondo: Gesù rinnova la promessa dell’invio del Difensore, garantisce loro l’assistenza in tutto ciò che chiedano e, finalmente, il Signore prega al Padre per loro –per tutti noi- durante la sua preghiera sacerdotale (cf. Gv 17).
Il nostro pericolo non viene dall’esterno: la peggior minaccia può sorgere da noi stessi al venir meno l’amore fraterno fra i membri del Corpo Mistico di Cristo e all’unità con la Testa di questo Corpo. La raccomandazione è chiara: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5).
La parabola della vite e dei tralci ci aiuta a verificare se la nostra fede è veramente una relazione di comunione con Dio. Non ogni tipo di relazione può definirsi di comunione e neanche tutte le forme di comunione sono espressione di fede. Non basta stare insieme per instaurare una relazione e non è sufficiente condividere qualcosa per essere in comunione.
La differenza tra l’ideologia comunista e il vangelo consiste nel fatto che gli uomini possono mettere in comune i beni ma non essere in comunione perché quest’ultima condizione non è innanzitutto opera dell’uomo ma azione dello Spirito Santo. Solo attraverso di Lui due non sono più due, ma diventano uno. Lo Spirito Santo è l’artefice della vera comunione perché fa abitare Dio nel nostro cuore e noi nel cuore di Dio. La comunione ci è offerta come occasione per dare un senso pieno alla vita portando frutti di amore.
Tuttavia, prima delle opere di misericordia o delle beatitudini, c’è l’esperienza del «rimanere in», cioè del dimorare, abitare nel cuore di Dio, mediante la preghiera. La forza della preghiera permette di «rimanere» e custodire la relazione con Dio nonostante le voci interiori che ci spingono a rinchiuderci in noi stessi o ad abbandonare la comunità perché delusi. La comunione si rafforza nella prova se essa è affrontata con la preghiera che assume le forme di linguaggio tante quante sono le emozioni provate nelle varie situazioni della vita.
Le prime generazioni di cristiani conservarono una coscienza molto fervente alla necessità di rimanere uniti per la carità. Ecco la testimonianza di un Padre della Chiesa, sant’ Ignazio di Antiochia: «Correte tutti insieme verso un solo tempio di Dio, come a un solo altare, a un solo Cristo che procede da un solo Padre». Ed ecco anche l’indicazione di Maria, Madre dei cristiani: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5).