Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito!

PRIMA LETTURA: Is 49,1-6

Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. (Terzo canto del Servo del Signore)

SALMO: (Sal 68)

O Dio, nella tua grande bontà, rispondimi.

Oppure:

Nella tua fedeltà soccorrimi, Signore.

«In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.

Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.

Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

Mt 26,14-25

Oggi, il Vangelo ci propone -almeno- tre considerazioni.

La prima è che, quando l’amore verso il Signore si intiepidisce, allora la volontà cede ad altri reclami, dove la voluttuosità sembra offrirci piatti più saporiti, ma in realtà, condimentati da veleni degradanti e inquietanti. Data la nostra nativa debolezza, non dobbiamo permettere che diminuisca il fuoco del fervore che, se non sensibile, (sensibilmente) almeno mentale, (mentalmente) ci unisce a Colui che ci ha amati fino ad offrire la sua vita per noi.

La seconda considerazione si riferisce alla scelta misteriosa del luogo dove Gesù vuole consumare la sua cena pasquale. Gesù sceglie la sera nella quale si consuma la cena pasquale per annunciare la sua Pasqua. «Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli» (Mt 26,18). Il proprietario della casa, forse non era un amico dichiarato del Signore, però doveva avere l’orecchio attento per ascoltare le chiamate “interiori”. Il Signore gli avrebbe parlato nell’intimo–come spesso ci parla- attraverso mille incentivi perché Gli aprisse la porta. La sua fantasia e la sua onnipotenza, sostegni dell’amore infinito con cui ci ama, non conoscono confini e si esprimono sempre in modo adeguato ad ogni situazione personale. Quando sentiremo la chiamata dovremo “rinunciare”, lasciando da parte i sofismi e accettare allegramente questo “messaggero liberatore”. È come se qualcuno si presentasse alla porta della prigione e ci invitasse a seguirlo, come fece l’Angelo con Pietro dicendogli: «Presto, alzati e seguimi!» (Atti. 12,7).

È giunto il momento del compimento che avrà inizio con il tradimento e la consegna nelle mani dei capi dei sacerdoti con i quali Giuda aveva contrattato. Il tradimento di Giuda sembra essere la causa dell’epilogo finale della storia di Gesù. La scelta dell’Iscariota di consegnare il Maestro al suo destino di morte è dettata dall’avidità e dalla cupidigia. Quante storie d’amore finiscono a causa di un tradimento e alla base c’è sempre la stessa ragione. Giuda non ha colto nel tempo del suo discepolato l’occasione per maturare umanamente insieme con Gesù e assimilare la logica dell’amore. Era nella comunità ma per fare i suoi interessi! Ha sfruttato fino alla fine la situazione fino al colpo grosso di vendere Gesù per trenta monete d’argento. Ma la storia della salvezza non è solo storia degli amori umani impossibili o falliti, ma è la storia di Dio che ama l’uomo a partire dai suoi tradimenti. Il peccato non è la parola fine all’amore di Dio ma è la conclusione drammatica dell’amore malato dell’uomo. Il peccato ha una forza distruttiva e autodistruttiva. Ma colui che è venuto per i malati e non per i sani nel momento in cui annuncia il tradimento proclama anche la vittoria dell’amore sulla morte e sul peccato che la provoca. Il peccato ha delle conseguenze irreparabili e ciò che è scritto si compie; ma è anche vero che se credessimo veramente all’amore di Dio e ci arrendessimo ad esso, gli permetteremmo di farci rinascere dalle nostre macerie.

Il terzo motivo per la meditazione ce lo offre il traditore che cerca di nascondere il suo crimine davanti allo sguardo scrutatore dell’Onnisciente. Lo avevano già intentato lo stesso Adamo e dopo il figlio fratricida, Caino, ma inutilmente. Prima di essere il nostro esattissimo Giudice, Dio si presenta come padre e madre, che non si rassegna all’idea di perdere un figlio. Gesù soffre con tutto il cuore non tanto per essere stato tradito ma per vedere un figlio che si allontana irrimediabilmente da Lui.