Lo condanneranno a morte.
Venite, e colpiamo il giusto.
SALMO: (Sal 30)
Salvami, Signore, per la tua misericordia.
«In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».
Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Mt 20,17-28
Quanto è stridente il contrasto fra nostro Signore che chiama in disparte i discepoli e, come quando fra amici si condivide una confidenza preziosa, preannuncia loro la sua passione, morte e risurrezione, e la richiesta della madre che si raccomanda affinché i figli abbiano una degna ricompensa per aver lasciato tutto per seguire Gesù.
Cristo parla di salvezza eterna, del compimento di tutta la storia umana, della vera libertà donata ad ogni uomo attraverso la croce, della vittoria definitiva sul peccato e sulla morte, e fra i suoi c’è qualcuno che pensa meschinamente alla “carriera”.
Ma sarebbe troppo facile biasimare la madre dei figli di Zebedeo, facile sdegnarsi come gli altri discepoli. In fondo non siamo molto dissimili a quella donna!
Le nostre tendenze naturali ci suscitano il desiderio di dominare le cose e le persone, dirigere e dare ordini, che si faccia ciò che a noi piace, che la gente possa riconoscere in noi uno status, una posizione. Invece il cammino che Gesù ci propone è l’opposto: «Tra voi non sarà così, ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo» (Mt 20,26-27). “Servitore”, “schiavo”: non possiamo rimanere nell’enunciato delle parole! Le abbiamo sentite centinaia di volte dobbiamo, essere capaci di entrare in contatto con la realtà che significano, e confrontare questa realtà con le nostre attitudini e comportamenti.
Il Concilio Vaticano II ha affermato che «L’uomo acquisisce la sua pienezza attraverso il servizio di donarsi agli altri». In questo caso, ci sembra che diamo la vita, quando in realtà la stiamo incontrando. L’uomo che non vive per servire non serve per vivere. E con questa attitudine il nostro modello è lo stesso Cristo, -l’uomo pienamente uomo- giacché «il Figlio dell’uomo, non è venuto per farsi servire ma a servire e a dare la sua vita come riscatto per molti».
Essere servo, essere schiavo così come ce lo chiede Gesù, è impossibile per noi. Rimane fuori dalla capacità della nostra povera volontà: dobbiamo implorare, attendere e desiderare intensamente che ci siano concessi questi doni. La Quaresima e le sue pratiche quaresimali -digiuno, elemosina e preghiera– ci ricordano che per ricevere questi doni dobbiamo prepararci adeguatamente.