SESTO GIORNO:

Preghiera Iniziale:

Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo.

Ti benedica il Signore e ti custodisca (Nm 6,24-26);

mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te.

Rivolga il suo volto verso di te e ti dia pace.

Il Signore benedica te, frate LeTone.

ANGELO TANCREDI DI RIETI

IL PRIMO CAVALIERE DELL’ORDINE

Era un nobile cavaliere: fu uno dei primi dodici frati minori e fu anche il primo cavaliere ad unirsi a Francesco.  Nel 1223 lavorava a Roma, al servizio di Leone Brancaleone, cardinale di “Santa Croce in Gerusalemme”, secondo quanto previsto dalla Regola di Francesco del 1221.     Francesco giunse anch’egli al palazzo del cardinale Leone, pensando di trattenervisi alcuni giorni, durante il suo ultimo viaggio a Roma, quando Papa Onorio III diede la sua approvazione alla nuova Regola.   

Angelo preparò una stanzetta per lui in una torre solitaria, ma Francesco vi rimase solo una notte, perché i demoni lo torturarono.   Francesco ne dedusse che doveva sostare solo in luoghi poveri, e non in ricchi e comodi palazzi, dal momento che egli era l’esempio a cui gli altri frati guardavano.

Insieme a Bernardo, Leone e Rufino, Angelo rimase accanto a Francesco durante gli ultimi due anni della sua vita. A quel tempo, Francesco era gravemente ammalato, ed Angelo si prese cura di lui come suo “compagno e guardiano”.  Una volta cucì un pezzo di pelliccia di volpe all’interno del saio di Francesco, per proteggerne dal freddo intenso lo stomaco e la milza, ma Francesco lo obbligò a cucirne un pezzo anche sul lato esterno della tonaca, affinché tutti sapessero che indossava un po’ di pelliccia.
Mentre il santo stava morendo, Angelo e Leone lo confortarono cantandogli il “Cantico delle Creature”. Insieme a Leone e Rufino, egli scrisse la celebre “Leggenda dei tre compagni” e, nel 1246, una lettera da Greccio al Ministro Generale Crescenzo di Iesi. È sepolto vicino alla tomba di Francesco nella cripta della Basilica di S. Francesco.

Di lui leggiamo un episodio tratto dallo Specchio di Perfezione :

Una volta il beato Francesco andò a Roma per fare visita al cardinale di Ostia. Rimasto alcuni giorni con lui, andò a render visita al signore Leone cardinale, molto devoto al beato Francesco.

Si era d’inverno, stagione non adatta a viaggiare a piedi, per causa del freddo, del vento e delle piogge e perciò il cardinale lo pregò di sostare qualche giorno da lui: avrebbe ricevuto il cibo come un povero insieme con gli altri poveri, che quotidianamente mangiavano nella sua casa.

Disse questo, perché sapeva che il beato Francesco voleva sempre esser ricevuto come un poverello, dovunque fosse ospitato, sebbene il signor Papa e i cardinali lo accogliessero con viva devozione e rispetto, venerandolo come santo. Aggiunse il cardinale: “Ti assegnerò una buona casa appartata, dove potrai pregare e prendere i pasti, se lo vorrai”.

Allora frate Angelo Tancredi, uno dei primi dodici frati che, fra l’altro, dimorava con quel cardinale, disse al beato Francesco: “Fratello, qui vicino sorge una torre assai spaziosa e fuori mano, dove potrai dimorare come in un eremo”. Il beato Francesco andò a vederla e gli piacque, e tornato dal cardinale gli disse: “Signore, forse rimarrò presso di voi alcuni giorni”.

Il signor cardinale ne fu molto felice. Andò, dunque, frate Angelo e preparò nella torre un luogo per il beato Francesco e il suo compagno. E perché il beato Francesco non voleva scendere di là per recarsi dal cardinale, per tutto il tempo che sarebbe rimasto presso il cardinale, né voleva che alcuno entrasse da lui, frate Angelo promise e dispose di portare ogni giorno il cibo a lui e al compagno.

Il beato Francesco si ritirò con il compagno nella torre. Ma la prima notte, mentre si disponeva a dormire, vennero i demoni e gli diedero una forte dose di fustigate. Francesco chiamò il compagno: “Fratello, gli disse, i demoni mi hanno battuto molto duramente. Rimani vicino a me, perché qui ho paura di stare solo”. Il compagno quella notte rimase vicino a lui, che tremava tutto, come preso dalla febbre; e ambedue trascorsero svegli tutta la notte.

Intanto il beato Francesco diceva al suo compagno: “Perché i demoni mi hanno fustigato e perché dal Signore è stato dato loro il potere di nuocermi?”. E soggiunse: “I demoni sono i castaldi del nostro Signore. Come il podestà manda il suo castaldo a punire chi ha commesso un’infrazione, così il Signore, per mezzo dei suoi castaldi, cioè i demoni che in questo compito sono suoi ministri, sferza e castiga quelli che ama. Anche il perfetto religioso molte volte pecca per ignoranza; così, quando non conosce la sua colpa, viene castigato dal diavolo, affinché osservi diligentemente e consideri in quali cose ha mancato esteriormente e interiormente. Nulla lascia impunito il Signore, durante questa vita, in quelli ch’egli ama con tenero amore.

Io veramente, per grazia e misericordia di Dio, non ho coscienza di aver commesso mancanze che non abbia riparato per mezzo della confessione e della soddisfazione. Anzi il Signore mi ha fatto questo dono per sua misericordia: che di tutte le cose nelle quali io posso piacergli o dispiacergli, nelle orazioni prendo chiara cognizione. Ma può essere che, per mezzo dei suoi castaldi, egli mi abbia ora castigato perché, sebbene il signor cardinale ben volentieri mi  faccia misericordia e sebbene al mio corpo sia necessario godere questo ristoro, i miei frati, però, che vanno per il mondo sopportando fame e molte tribolazioni, e gli altri frati che abitano negli eremi e in case poverelle, udendo che io rimango presso il signor cardinale, potrebbero aver occasione di mormorare contro di me, dicendo: —-Noi sopportiamo tante avversità, e lui si prende i suoi agi!

Io invece sono tenuto a dare sempre loro il buon esempio, e proprio per questo sono stato dato loro. I frati sono più edificati quando abito in mezzo a loro in luoghi poverelli, che non quando sto altrove; e con maggior pazienza sopportano le loro tribolazioni, quando odono che io pure sopporto gli stessi travagli ”.

E invero il sommo e costante impegno del nostro padre fu di offrire sempre a tutti il buon esempio e di non dare occasione agli altri frati di mormorare di lui. Per questo, sano o malato, soffrì tante e così grandi pene, che tutti i fratelli che venissero a saperlo, —-come noi che siamo stati con lui fino al giorno della sua morte, —-ogni volta che leggessero o richiamassero alla memoria tali cose, non potrebbero trattenere le lacrime, e con maggior pazienza e gioia sopporterebbero ogni tribolazione e angustia.

Di primissimo mattino il beato Francesco discese dalla torre, andò dal signor cardinale a raccontargli tutto quanto gli era accaduto e ciò di cui aveva conversato con il suo compagno. E anzi gli disse pure: “Gli uomini pensano che io sia un santo, ed ecco i demoni mi hanno cacciato dal mio ritiro!”.

Il cardinale fu pieno di gioia nel vederlo, tuttavia, conoscendone la santità e venerandolo, non osò opporsi quando non volle restare più da lui. Così, preso commiato, il beato Francesco ritornò all’eremo di Fonte Colombo, presso Rieti.

FF 1760

Preghiera finale:

Litanie di San Francesco:

Santissimo Padre nostro                                                           Gloria a Te

Signore Nostro Gesù Cristo                                 

Santo Spirito Paraclito                                                           

Maria Vergine fatta Chiesa                                                      Guidaci nel cammino

Santo di Dio

Cavaliere di Cristo

Investito e rivestito dello Spirito

Purificato nel corpo e illuminato nell’anima

Infiammato col fuoco dell’amore

Riempito con l’amarezza della compassione

Ricolmato di dolcezza e consolazione

Pervaso di singolare letizia spirituale

Amico dello Sposo

Servo di Cristo

Araldo del gran Re

Messaggero di pace

Ricolmo di spirito profetico

Uomo apostolico

Fedele alla Santa Chiesa

Pastore del piccolo gregge

Luce mattutina diffusa sulle tenebre

Carro di fuoco luminosissimo

Ricco di povertà

Ricco di santa semplicità

Minore di tutti i minori

Generoso e compassionevole verso i poveri

Devoto adoratore della Trinità

Uomo fatto preghiera

Vero penitente

Immagine visibile di Cristo

Preghiamo:

Altissimu, onnipotente, bon Signore,                        

Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedizione.

Ad Te solo, Altissimo, se konfane ,

e nullu homo ène dignu Te mentovare.

Laudato sie, mi’ Signore, cum tutte le Tue creature,          

spezialmente messor lo frate Sole,

lo quale è iorno et allumini noi per lui.

Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:

de Te, Altissimo, porta significazione.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le stelle:             

in celu l’ài formate clarite e preziose e belle.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento

e per aere e nubilo e sereno et onne tempo,

per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.

Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua,                                     

la quale è multo utile et humile e preziosa e casta.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu,

per lo quale ennallumini la notte:

et ello è bello e iocundo e robustoso e forte.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra,                         

la quale ne sustenta e governa,

e produce diversi frutti con coloriti flori et herba.

Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore

e sostengo infirmitate e tribulazione.

Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace,                                                              

ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale,

da la quale nullu homo vivente po’ skappare:

guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;

beati quelli ke trovarà ne le Tue santissime voluntati,

ka la morte secunda no ‘l farrà male.

Laudate e benedicete mi’ Signore e rengraziate e serviateli cum grande humilitate. FF 263