La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.

PRIMA LETTURA: Sir 27,5-8, (NV) [gr. 27,4-7]

Non lodare nessuno prima che abbia parlato.

SALMO: (Sal 91)

È bello rendere grazie al Signore.

SECONDA LETTURA: 1Cor 15,54-58

Ci ha dato la vittoria per mezzo di Gesù Cristo.

«In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:

«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.

Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

Lc 6,39-45

La parola di Dio di questa ottava domenica del tempo ordinario capita a proposito di quello che sta vivendo il mondo in questi giorni. Una guerra nel cuore dell’Europa nessuno mai l’avrebbe immaginata nel 2022, dopo due anni di pandemia e sofferenza globale. Eppure è successo!

La prima lettura di questa domenica tratta dal libro del Siracide ci ricorda che “quando si scuote un setaccio restano i rifiuti; così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti”. I difetti di alcuni potenti della terra di ieri e di oggi sono chiari e mettono in pericolo la stabilità, la pace e la serenità del genere umano. I vasi del ceramista li mette a prova la fornace, così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo. E se vogliamo applicare tutto questo chi in questi giorni ha voluto giustificare il suo intervento in Ucraina, deve confrontarsi con questa parola di Dio che è pure nota a chi guida la Russia in questi anni. Il frutto dimostra come è coltivato l’albero, così la parola rivela i pensieri del cuore. E i pensieri rivelati sono terribili, angoscianti, destabilizzanti della serenità mondiale. C’è proprio da prendere per buono quello che dice il Siracide, soprattutto in questo contesto storico che stiamo vivendo: “Non lodare nessuno prima che abbia parlato, poiché questa è la prova degli uomini”. Quante lodi, quanti appoggi, quanti sostegni a chi oggi è il Giuda di turno dell’umanità ferita nella sua pace, conquistata dopo due guerre mondiali. Non bisogna dare credito alle parole di chi è bugiardo, falso e mistificatore della realtà e della verità. Anche questo momento che stiamo vivendo ci serva da monito per andare avanti nel cammino della fede che Cristo ci ha trasmesso e che oggi diventa il nostro sostegno, coraggio e speranza in questo nuovo conflitto nel cuore dell’Europa.

Il vangelo di questa ottava domenica del tempo ordinario ci introduce, senza volerlo, nel tempo di Quaresima che inizia mercoledì prossimo con il rito delle ceneri. Questo vangelo si adatta perfettamente a riflettere su alcuni aspetti fondamentali della nostra vita di fede. Luca ci presenta un’altra parabola di Gesù, partendo da alcune domanda che lascia per certi versi di stucco a noi che l’ascoltiamo: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?» E da questo interrogativo che Gesù parte per dare delle precise indicazioni in merito ai nostri comportamenti, frutto di educazione e di insegnamento ricevuti: “Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro”. La possibilità di raggiungere lo stesso livello culturale, umano, spirituale e c’è in ogni discepolo che fa seriamente e prende a cuore la formazione personale per rispondere alle esigenze e alle attese di sé stesso e degli altri.

Dopo questa piccola introduzione, Gesù entra nell’argomento che vuole trattare con i suoi discepoli ed è quello della correzione dei propri gravi peccati ed errori, piuttosto di correggere quei piccoli e insignificanti difetti che si riscontrano negli altri e che per chi si ritiene migliore e superiore appaiono mastodontici. Da qui la successiva domanda che Gesù pone per indirizzare all’esame della propria condotta di vita chi è facile a giudicare negativamente gli altri che sbagliano un modo lieve e a giustificarsi dei propri errori e sbagli anche gravi: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?” Con quale coraggio tu che sei più carente degli altri ti rivolgi al tuo fratello, dicendogli: “lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? In questo caso l’unico termine che può classificare un simile soggetto è: Ipocrita! L’ipocrisia, cioè la falsificazione della propria vera identità, di ciò che si è davvero, per farci passare per quelli che non siamo.

Allora cosa bisogna fare per non essere ipocriti? Semplice, Bisogna togliere prima i propri difetti e peccati, purificando noi stessi dalla cattiveria e dalla malvagità e poi, magari, se abbiamo il coraggio, possiamo anche dire al fratello ti posso aiutare nel togliere qualcosa che non va nella tua esistenza. La possibilità di questo aiuto sta nel fatto che eliminando i veri ostacoli che sono tanti nella nostra vita, quali la presunzione, l’orgoglio, la superbia, l’arroganza, la prepotenza, la superficialità, l’immoralità ed altro, allora vedendo bene in noi stessi, onestamente ed umilmente, possiamo aiutare a togliere la pagliuzza dall’occhio del nostro fratello, ovvero quei piccoli difetti che erano tali, mentre per noi apparivano grandi, in quanto accecati dalla nostra miseria e pochezza morale, umana e spirituale. Logica conseguenza di tutto il nostro modo di pensare ed agire da cristiani è quello che ci ricorda Gesù in questo brano del Vangelo di Luca: “Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono”. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. Esempi tratti dalla natura per illustrare meglio l’idea e il concetto. Normale quindi che l’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male. Da quest’altra parabola che Gesù ci ha raccontato possiamo concludere che dipende da noi e solo dalla nostra educazione alla fede, alla carità, alla speranza leggere noi stessi e gli altri con il metro della misericordia e della tolleranza, senza mai pensarsi più perfetti e migliori degli altri. Se capisse tutto questo anche in politica e in altri settori della vita umana e sociale e le guerre non ci sarebbe in nessuna parte del mondo e neanche vicino a noi o nelle nostre case, abitazioni, luoghi di lavoro, città e nazioni.

San Paolo nel brano della seconda lettura di oggi, tratta dalla prima lettera ai Corinzi ci invita a riflettere sul tema della morte e del destino eterno dell’uomo. Cosa che dovrebbero fare i seminatori di guerra e di morte anche nei nostri giorni: “Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge”. Chi vive nella convinzione che le proprie leggi e le proprie interpretazioni della vita, della storia e della politica sono leggi per tutti, non è altro che il peccato in persona e il demonio che si ammanta di norme di giustificazioni della propria pochezza morale e spirituale. Per chi si fa paladino della guerra e dell’odio tra i popoli presto arriverà il giudizio della storia e soprattutto il giudizio di Dio. Perciò, l’Apostolo Paolo rivolgendosi ai suoi fratelli nella fede raccomanda a loro di rimanere saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la loro fatica per costruire il bene, il giusto, il vero e il santo non è vana nel Signore.