Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.
Accostiamoci con fiducia piena al trono della grazia.
SALMO: (Sal 18)
Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Mc 2,13-17
Quante volte siamo impegnati nei nostri doveri tanto da non renderci conto di una folla che segue il bene e ci indica dove cercare?
L’amore di Dio non ci vuole sempre sull’attenti, prestanti; viene Lui da noi, viene a chiamarci, ci invita a seguirlo e ci riconduce a casa nostra, al centro della nostra vita. Mangia con noi, ci nutre da dentro: anche se non ci sentiamo degni, tanto da credere di non meritare la sua compagnia, anche se non reputiamo gli altri degni di stare in sua compagnia, Gesù insegna. Sta con me, sta con te, sta con noi.
Abbiamo tutti la stessa fame, lo stesso appetito. E Lui si dà specialmente a chi è manchevole, chi pecca, chi non pensa di essere abbastanza. E proprio come allora, quando i malati e peccatori erano considerati indegni e impuri tanto da non meritare la sua presenza, Gesù si fa maestro di bontà e si dà come cibo anche attraverso la sua Parola: è la fame di Lui, la mancanza di Lui, un vuoto d’amore a renderci degni di stare alla sua mensa, che è anche la nostra.
Oggi, nella scena che ci presenta san Marco, vediamo Gesù che insegnava e come tutti venivano ad ascoltarLo. È
chiaro il grande desiderio di adottrinarsi, allora come adesso, perché il peggior nemico è l’ignoranza. Tant’è vero che è diventata classica l’espressione: «Smetteranno di odiare quando smetteranno d’ignorare».
Passando da quelle parti, Gesù vide Levi, figlio di Alfeo, seduto dove riscuotevano le tasse e, al dirgli: «seguimi», lasciò tutto e se ne andò con Lui. Con questa prontezza e generosità realizzò un grande “affare”. Non solamente
l’“affare del secolo”, ma anche quello dell’eternità.
Bisogna considerare da quanto tempo l’affare di riscuotere i tributi per i romani è finito e, invece, Matteo –oggi più conosciuto con il suo nuovo nome che quello precedente di Levi-, continua ad accumulare benefici con i suoi scritti per essere diventato una delle dodici colonne della Chiesa. Succede così quando si segue senza indugi il Signore. Lo disse Lui: «Chiunque avrà lasciato casa, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19,29).
Gesù, accompagnato dai Suoi apostoli, accettò il convito che Matteo Gli offerse a casa sua, assieme agli altri esattori di imposte e peccatori. I farisei, quali spettatori del lavoro altrui, fanno presente ai discepoli che il loro Maestro pranza con gente che essi qualificano di peccatori. Il Signore li sente e difende la Sua forma abituale di trattare le anime: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 2,17). Tutta l’umanità ha bisogno del Medico divino. Tutti siamo peccatori e, come dirà san Paolo: «Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (Rom 3,23).