Videro Gesù che camminava sul mare.
PRIMA LETTURA: At 6,1-7
Scelsero sette uomini pieni di Spirito Santo.
SALMO: (Sal 33)
Su di noi sia il tuo amore, Signore.
Oppure:
Alleluia, alleluia, alleluia.
«Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao.
Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento.
Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!».
Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti».
Gv 6,16-21
Oggi, Gesù ci disorienta. Eravamo abituati ad un Redentore che, sempre pronto ad occuparsi di ogni tipo di indigenza umana, non dubitava nel ricorrere al suo potere divino. Di fatto, l’azione trascorre poco dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci in beneficio della folla affamata. Adesso, invece, ci sconcerta un miracolo —il fatto di camminare sulle acque— che sembra, a prima vista un’azione promozionale. Però no! Gesù aveva già scartato l’uso del suo potere divino per esibizionismo o per beneficio personale, quando all’inizio della sua missione rifiutò le tentazioni del Maligno.
Gesù si era ritirato sul monte da solo perché la folla voleva farlo re. I discepoli invece erano scesi al mare per riprendere la barca e ritornare a Cafarnao. Quando ormai era calato il buio e il vociare della folla aveva lasciato il posto al fischio del vento forte che agitava le onde del mare e rendeva difficile la navigazione, i discepoli si ritrovano soli nella barca, senza Gesù. I Dodici affrontano insieme la fatica del remare dando ognuno il suo contributo per andare avanti e raggiungere la meta.
La collaborazione è certamente una risorsa importante in un gruppo ma in una comunità umana, e soprattutto in quella che si dice cristiana, non è sufficiente. Nell’impegno della vita quotidiana corriamo il rischio di ripiegarci su noi stessi e puntare tutto sulla nostra forza di volontà. Da una parte ci sono i discepoli nella barca che faticano nel remare e dall’altra Gesù che cammina sul mare. Due modi di affrontare la vita ma a ben vedere anche due direzioni che non coincidono.
Gli uomini vorrebbero raggiungere i loro obiettivi e per questo si mettono insieme e collaborano, Gesù va verso gli uomini e lo fa camminando sul mare, cioè vivendo le loro stesse difficoltà ma in modo diverso. La direzione del cammino e il fine per cui faticare fanno la differenza. I discepoli vedendo Gesù camminare sul mare verso di loro hanno paura perché essi guardano con timore allo stile di vita di Gesù. Fa più paura l’idea d’impegnarsi per una persona, piuttosto che faticare per raggiungere un obiettivo. L’amore, quando è percepito come legame che impegna tutta la vita e il proprio essere, fa paura.
Gesù rassicura i suoi discepoli di non temere di amare perché Lui insegna a farlo. Quando Gesù è accolto nella vita ciò che è impegnativo continua a suscitare in noi paura, ma riusciamo ad affrontare i pericoli e le crisi, sapendo che con Lui il traguardo è a portata di mano.
Con il gesto di camminare sulle acque, Cristo sta dimostrando il suo dominio sulle cose create. Però allo stesso tempo possiamo vedere una messa in scena del suo dominio sul Maligno, rappresentato da un mare agitato e nell’oscurità.
«Sono io, non temete!» (Gv 6,20), diceva loro Gesù in quell’occasione. «Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33), dirà loro più tardi nel Cenacolo. Finalmente è Gesù che dice alle donne, la mattina di Pasqua, dopo essersi alzato dal sepolcro: «Non abbiate paura». Noi, grazie alla testimonianza degli Apostoli, sappiamo della sua vittoria sui nemici dell’uomo: il peccato e la morte. Per questo, oggi, le sue parole risuonano nei nostri cuori con una forza speciale, perché sono le parole di Qualcuno che è vivo.
Le stesse parole che Gesù rivolgeva a Pietro e agli Apostoli, le ripeteva Giovanni Paolo II, successore di Pietro, all’inizio del suo pontificato «Non abbiate paura». Era una chiamata ad aprire il nostro cuore, la nostra essenza al Redentore, perché con Lui non abbiamo nulla da temere di fronte all’impeto dei nemici di Cristo.
Dinanzi alla fragilità personale per portare a buon fine le missioni che Gesù ci richiede (una vocazione, un progetto apostolico, un servizio…), ci consola sapere che anche Maria —creatura come noi— sentì le stesse parole da parte dell’angelo, prima di affrontare la missione che il Signore le aveva assegnato. Impariamo da Lei ad accogliere l’invito di Gesù ogni giorno e in ogni circostanza.