Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso.

PRIMA LETTURA: Gc 5,13-20

Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto.

SALMO: (Sal 140)

La mia preghiera stia davanti a te come incenso.

Oppure:

A te, Signore, innalzo la mia preghiera.

 «In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono.

Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».

E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro».

Mc 10,13-16

Cosa ha da dirci un bambino? La vita come lui o lei la vede, le cose come le percepisce, la vita come la osserva scorrere. Dell’infanzia si può cogliere la leggerezza con cui si guarda alle vicissitudini, ma anche la serietà con cui si sanciscono i legami.

Da essa si può trarre la profondità dell’affidarsi, così come la lealtà nell’impegnarsi in qualcosa. Del mondo dei “piccoli” non esiste solo l’aspetto dell’ingenuità o della paura, della debolezza o della scoperta del mondo; in essi troviamo anche la disponibilità alla sorpresa, la profonda fede in un principio di Bene, l’attesa fruttuosa per ogni circostanza che abbia a che fare con un Padre buono.

Il Signore non ci vuole cogliere nella nostra sola fragilità d’essere umani, dunque, ma anche nell’entusiasmo, nella curiosità e nella fede radicale di cui siamo capaci. E se questo non ci è possibile comprenderlo con le parole, Egli ce lo dimostra per mezzo delle scritture tramite un gesto, un’accoglienza, una predisposizione benevola verso quelli che dagli altri sono ritenuti insignificanti.

Cos’è l’uomo di fronte alla potenza di Dio? Eppure, ciascuno di noi, uno per uno, appare agli occhi del Padre come una creatura irripetibile e degna di ogni bene.

Oggi, i bambini sono notizia. Più che mai, i bambini hanno molto da dire, malgrado che la parola “bambino” significhi “colui che non parla”. Lo vediamo nei mezzi tecnologici: essi sono capaci di farli funzionare, di usarli e, finanche, di insegnare agli adulti il loro uso corretto. Diceva l’autore di un articolo che, «sebbene i bambini non parlano, ciò non vuol dire che non pensino».

Nel passaggio del Vangelo di Marco troviamo diverse considerazioni. «Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono» (Mc 10,13). Il Signore, però, nel Vangelo che abbiamo letto in questi ultimi giorni, L’abbiamo visto farsi tutto per tutti, a maggior ragione, si fa con i bambini. Così, «Al vedere questo s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio» (Mc 10,14).

La carità rispetta un ordine: comincia dal più bisognoso. Chi è, dunque, più bisognoso, più “povero” di un bambino? Tutti hanno diritto ad avvicinarsi a Gesù e il bambino è uno dei primi che deve godere di questo diritto: «Lasciate che i bambini vengano a me» (Mc 10,14).

Badiamo, però, che all’accogliere i più bisognosi, i primi beneficiati siamo noi stessi. Perciò il Maestro avverte: «In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso» (Mc 10,15). E corrispondendo al modo di fare semplice ed aperto dei bambini, «Egli prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro» (Mc 10,16).

Bisogna imparare l’arte di accogliere il Regno di Dio. Chi è come un bambino –come gli antichi “poveri di Jahvè” – si accorge facilmente che ogni cosa è dono, tutto è una grazia. E, per “ricevere” il favore di Dio, bisogna ascoltare e contemplare con “silenzio ricettivo”. Secondo Sant’Ignazio di Antiochia: «E’ meglio star zitti ed essere, che parlare e non essere (…). Colui che possiede la parola di Gesù, può pure, in verità, ascoltare il silenzio di Gesù».