PRIMA LETTURA: 1Tm 6,13-16
Conserva senza macchia il comandamento, fino alla manifestazione del Signore.
SALMO: (Sal 99)
Presentatevi al Signore con esultanza.
Oppure:
Andiamo al Signore con canti di gioia.
«In quel tempo, poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché
vedendo non vedano
e ascoltando non comprendano.
Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza».
Lc 8,4-15
Non si può comprendere la parabola che troviamo nella liturgia di quest’oggi senza tenere nel dovuto conto ciò che l’evangelista pone come introduzione e chiave di interpretazione:
«poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città…» (Lc 8,4).
Così pure non bisogna dimenticare i versetti immediatamente precedenti, che abbiamo letto nella liturgia di ieri: attorno a Gesù non c’è un gruppo segregante – ci sono discepoli e discepole – e la sua presenza non è offerta in modo settario, ma in modo assolutamente inclusivo e universale. Detto ciò, nel Vangelo non si respira aria di trasognata ingenuità o di irenico ottimismo, e per questo il Signore Gesù mette in evidenza quali possono essere le conseguenze di uno stile inclusivo: come il seme quando viene generosamente seminato non incontra solo della buona terra, o almeno non tutta la terra ha lo stesso grado di fecondità o di adeguatezza alle varie sementi, così pure la Parola di Dio, se viene donata incondizionatamente, non sempre potrà incontrare lo stesso grado di accoglienza. Tutto ciò che noi rischiamo di leggere come un problema nella ricezione del messaggio evangelico, lo stesso Vangelo ce lo fa cogliere come una normalità.
Per questo l’evangelista non si accontenta, come gli altri evangelisti, di parlare del «seminatore» e dei vari tipi di terreno che, bene o male, lo accolgono, ma fa menzione in modo esplicito e assai particolare del fatto che
«uscì a seminare il suo seme» (Lc 8,5).
Tutti sappiamo che ogni seme porta in sé un potenziale di vita, è una promessa e apre a un possibile incremento e alla novità. Ben prima e ben aldilà di quello che noi possiamo recepire, c’è una sorta di estasiata ammirazione per il dono che viene elargito e che non è altro che «il suo seme»! Forse a ciò possiamo applicare quanto dice l’apostolo:
«ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo» (1Tm 6,14).
L’apostolo Paolo lo ricorda delicatamente, ma chiaramente al suo discepolo. La raccomandazione apostolica vale per ogni «seme» (Lc 8,5) che viene affidato alla terra del nostro cuore, di qualunque specie esso sia, purché sia capace di «ascoltare» (8,8).
Non siamo semplicemente interpellati nel ritrovare e nel catalogare noi stessi in uno dei tipi di terreno di cui ci parla la parabola. In realtà, se guardiamo attentamente dentro la terra del nostro cuore, della nostra mente, delle nostre emozioni, dei nostri bisogni, facilmente riconosceremo che ora possiamo riconoscerci nell’uno e ora nell’altro, magari raramente lo siamo contemporaneamente, ma non è difficile ritrovare le diverse tipologie, esaminando le nostre reazioni e le nostre chiusure. Il fatto che Maria di Magdala scambi il Risorto per un giardiniere è segno che Gesù conosceva quest’arte e la mette a frutto nei confronti del nostro cuore e delle nostre vite, che forse sono ancora lontane dal tempo della semina e hanno bisogno ancora, e prima di tutto, di essere arate e concimate. Ma anche davanti a queste operazioni più faticose e sporchevoli il Signore non si tira certo indietro.