Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.
PRIMA LETTURA: Gb 42,1-3.5-6.12-16 (NV) [ebr. 1-3.5-6.12-17]
Ora i miei occhi ti hanno veduto. Perciò mi ricredo.
SALMO: (Sal 118)
Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo, Signore.
Oppure:
Mostrami, Signore, la luce del tuo volto.
Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
Lc 10,17-24.
Oggi, l’evangelista Luca ci parla del fatto che dà luogo alla riconoscenza di Gesù verso suo Padre per i benefici che ha conferito all’Umanità. Ringrazia per la rivelazione elargita agli umili di cuore, ai piccoli del Regno. Gesù esprime la sua allegria vedendo che questi accettano, capiscono e praticano quello che Dio fa conoscere per mezzo di Lui. In altre occasioni, nel suo dialogo intimo con il Padre, gli dimostrerà la sua riconoscenza perché l’ascolta sempre. Elogia il samaritano lebbroso che, curato del suo male –assieme agli altri nove-, torna solo lui dov’è Gesù per ringraziarlo del beneficio ricevuto.
Niente è impossibile a Dio e così anche i discepoli di Gesù, rivolgendosi al Padre, possono compiere le opere da lui compiute e anche di farne più grandi (cfr. Gv 14, 12), come addirittura scacciare i demoni. Ciò di cui bisogna rallegrarsi, però, non è il fatto di compiere grandi opere, ma il fatto che il Padre ci ama, che ci ha dato la possibilità di ascoltare la sua Parola, ci ha rivelato i misteri del regno che danno senso alla nostra vita e che ci ha preparato un posto in Paradiso.
Scrive sant’Agostino: «Possiamo avere qualcosa di meglio nel cuore, pronunciarlo con la bocca, scriverlo con la penna, che queste parole: `Grazie a Dio’? Non c’è nulla che possa dirsi con maggior brevità, né ascoltare con maggior allegria, né sentirsi con maggior elevazione, né realizzare con maggiore utilità». È così che dobbiamo attuare sempre verso Dio e verso il prossimo, riconoscenti pure per i doni ricevuti che ignoriamo, come scriveva san Josemaria Escrivà. Gratitudine verso i genitori, gli amici, gl’insegnanti, i compagni. Riconoscenza verso tutti quelli che ci aiutano, ci spronano, ci servono. Riconoscenza pure, come è logico, verso la nostra Madre la Chiesa.
La riconoscenza non è una virtù molto “usata” o abituale, e invece, è una di quelle che ci offrono il maggior piacere. Dobbiamo tuttavia riconoscere che, a volte, non è nemmeno facile viverla. Santa Teresa affermava: «Sento una disponibilità di riconoscenza tale che mi potrebbero subornare con una sardina». I santi hanno agito sempre così. E lo hanno realizzato in tre modi diversi come indicava san Tommaso d’Aquino: primo, con la riconoscenza interiore dei benefici ricevuti; secondo, lodando esternamente Dio con la parola; e, terzo, cercando di ricompensare il benefattore per mezzo delle opere, secondo le proprie possibilità.