Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?

PRIMA LETTURA: 2Sam. 12,1-7a.10-17

Ho peccato contro il Signore.

SALMO: (Sal 50)

Crea in me, o Dio, un cuore puro.

“In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».”

Mc 4,35-41

“Maestro, non ti importa che moriamo?” (4,38).

Questa drammatica domanda esprime il grido di un’umanità che non sente la presenza amorevole e provvidenziale di Dio, anzi si sente abbandonata proprio nel momento di maggior pericolo. La sofferenza genera paura, la sensazione di abbandono getta nell’angoscia e, talvolta, suscita una rivolta interiore che conduce l’uomo a fare a meno di Dio. Se Dio non s’interessa di noi, se non si prende cura di noi, perché mai dovremmo obbedire a Lui? Perché cercare un Dio che resta lontano e segue con sovrana indifferenza il cammino tempestoso dell’umanità? La domanda dei discepoli è l’anteprima di quella ribellione contro Dio che ha segnato tutta la modernità e attraversa anche la nostra epoca. In effetti, l’uomo contemporaneo non si rivolge più a Dio, pensa di poter fare da solo e crede di avere tutte le capacità per affrontare e risolvere le grandi tempeste della storia.

Quella dei discepoli non è una rivolta, anzi può essere interpretata come una preghiera, in fondo contiene un’implicita richiesta di aiuto. Gesù sembra dormire (4,38), in realtà attende la preghiera fiduciosa. Solo allora può manifestare la sua autorità: “Si destò, minacciò il vento” (4,39). L’evangelista usa lo stesso che ha già utilizzato nella scena dell’indemoniato (1,24). La tempesta assume così un valore simbolico, è icona di quel male che accompagna la storia personale e collettiva. Il Vangelo annuncia che Gesù ha la forza di sconfiggere il male. Lui solo può farlo. Ma non può agire se l’uomo non ha fiducia in Lui, ha le mani legate se l’uomo pensa di fare da solo. Per questo rimprovera i discepoli: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (4,40). Il male attraversa la storia ma non può nulla se l’uomo rimane aggrappato a Dio. Se invece s’insinua la paura, se l’uomo mette Dio sul banco degli imputati, allora il male invade il cuore dell’uomo e diviene più forte, rischia di travolgere tutto. Impegniamoci perciò a sostenerci nel tempo della prova per custodire la fiducia in Dio fonte della vita e dell’amore.