Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
PRIMA LETTURA: Sir 24,1-4.12-16
La sapienza dio Dio è venuta ad abitare nel popolo eletto.
SALMO: (SAL 147)
Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi.
SECONDA LETTURA: Ef 1,3-6.15-18
Mediante Gesù, Dio
ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi.
“[ In principio era
il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta. ]
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
[ Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità. ]
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.”
Gv 1,1-18
La Liturgia di questa domenica è una prolungata
riflessione sul mistero ineffabile della nascita di Gesù. La Chiesa oggi ci
invita a tornare ancora una volta alla grotta di Betlemme per contemplare con
occhi di fede il mistero mirabile di quel Bambino. Sotto i segni della sua
umanità umile, fragile, povera, noi riconosciamo lo splendore della divinità
del Figlio di Dio.
Le letture bibliche della Messa esprimono senza equivoci la certezza che Gesù è
realmente Figlio di Dio. L’apostolo Giovanni, nella splendida pagina del
Vangelo odierno, presenta Gesù come il “Verbo” o la
“Parola” del Padre. In una sintesi stupenda ma anche in modo
profondo, afferma: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio,
il Verbo era Dio” (Gv 1,1). Il Verbo, dunque, è il Figlio di Dio, è Dio
stesso, in tutto uguale al Padre; sempre presente nella sua mente, ne condivide
in pienezza la sua divinità e in Lui trova tutta la compiacenza di amore e di
vita. Dio ha compiuto ogni cosa per mezzo del suo Verbo e, nella pienezza dei
tempi, compirà l’opera più grande: la Redenzione degli uomini. Con ispirate
parole, così l’Apostolo prediletto di Gesù descrive il punto culminante del suo
Vangelo e di tutta la storia della salvezza: “E il Verbo si fece carne e
venne ad abitare in mezzo a noi” (ivi, 14). Il Verbo, inviato dal Padre,
entra finalmente nel tempo, viene ad abitare in mezzo a noi e assume la nostra
natura umana per comunicare all’uomo l’intimità della sua natura divina.
Oggi, però, sono in tanti a non credere nella divinità di Gesù. Anche tra i
cristiani vi sono di quelli che affermano che Cristo è solo un uomo. Lo
considerano un grande sapiente, un profeta che ha compiuto strepitosi prodigi,
ma nulla di più. E’ una tentazione sottile che oggi serpeggia nel cuore di
molti. Questi non hanno ancora compreso che se Gesù fosse soltanto un uomo, non
sarebbe diverso dai fondatori di altre religioni; non potrebbe essere, perciò,
il fondatore della vera religione, né il nostro Salvatore. Un uomo, anche se il
più sapiente di questo mondo, non può salvare l’uomo dai peccati, né
garantirgli la vita eterna. Solo Gesù può salvarci, perché solo Lui è Dio.
Dalla stupenda pagina del Vangelo odierno, l’apostolo san Giovanni ci offre una
prova inconfutabile della divinità di Gesù. Egli è stato, insieme agli altri
apostoli, un testimone oculare della vita pubblica di Gesù: ha condiviso con il
Maestro divino fame, freddo, gioie, sofferenze; ha visto la potenza dei
miracoli da Lui compiuti, la sapienza dei suoi insegnamenti, soprattutto le sue
apparizioni da risorto e non esita a proclamarne la divinità. Oggi l’apostolo
Paolo ci invita a pregare perché, come leggiamo oggi nella seconda lettura,
“il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno
spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di
lui” (Ef 1,17).
Ma la rivelazione di questo grande mistero non si ferma sul piano della
conoscenza, è bensì finalizzata a coinvolgere gli uomini a partecipare della
stessa vita divina di Gesù. Ecco, in definitiva, la ragione ultima della venuta
di Dio in mezzo a noi e di tutto il mistero della salvezza: rendere l’uomo
figlio di Dio. E’ questa l’incredibile realtà realizzata da Dio per amore
dell’uomo! San Giovanni l’afferma chiaramente nel Vangelo di oggi: “A
coloro però che l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio”
(ivi, 12); ed è quanto anche l’apostolo Paolo asserisce, ricordandoci l’eccelsa
vocazione e la sublime dignità a cui siamo stati chiamati: In Gesù “siamo
stati scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al
suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per
opera di Gesù” (Ef 1,4-5).
Molti cristiani, purtroppo, ignorano questa straordinaria realtà, non sanno di
aver ricevuto da Gesù il grande dono di essere figli di Dio. E’ nostro dovere,
perciò, conoscere più a fondo questa verità, ricordandoci che non c’è al mondo
dignità più sublime di questa, né Dio stesso poteva elevarci a una più grande.
Anche san Pio da Pietrelcina, in un suo scritto, ci parla della straordinaria
grandezza e dignità che derivano dall’essere cristiani: “Sì, il cristiano
nel battesimo risorge in Gesù, viene sollevato ad una vita soprannaturale,
acquista la bella speranza di sedere glorioso sopra trono celeste. Quale
dignità!” (Epistolario II, p.229). Esortati dalle parole del nostro Santo,
impegniamoci non solo a riflettere spesso sull’eccelsa dignità di essere figli
di Dio e, quindi, partecipi della sua vita divina ed eredi delle sue eterne
promesse, ma soprattutto a vivere in maniera conforme a questa vocazione,
aspirando continuamente alla Patria Celeste, tenendo il nostro cuore distaccato
dalle realtà di questo mondo e rinunziando per sempre a ogni forma di peccato che
avvilisce e distrugge la nostra dignità di figli di Dio.