Io sono mite e umile di cuore.

PRIMA LETTURA: Dt 7,6-11

Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti.

SALMO: (Sal 102) 

L’amore del Signore è per sempre.

SECONDA LETTURA: 1Gv 4,7-16

Dio ci ha amati.

« In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Mt 11,25-30

Oggi, Gesù ci mostra due realtà che Lo definiscono: che Lui è chi conosce il Padre con tutta la profondità e che Lui è «mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Possiamo scoprire lì pure due atteggiamenti necessari per poter capire e vivere quello che Gesù ci offre: la semplicità e il desiderio di avvicinarci a Lui.

Ai sapienti e a quelli che capiscono frequentemente risulta loro difficile entrare nel mistero del Regno, perché non sono aperti alla novità della rivelazione divina; Dio continua a manifestarsi ma essi credono di saper già tutto e, perciò, Dio non può più essere motivo di sorpresa. I semplici, invece, come i bambini nei loro momenti migliori, sono recettivi, somigliano a una spugna che assorbe l’acqua, hanno capacità di sorpresa e di ammirazione. Ci possono essere  pure eccezioni, , come esperti in scienze umane che sanno essere umili verso tutto ciò che si riferisce alla conoscenza di Dio.

Nel Padre, Gesù trova il suo riposo, e la sua pace può essere rifugio per tutti quelli che sono stati corrotti dalla vita: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò» (Mt 11,28). Gesù è umile, e l’umiltà è sorella della semplicità. Quando impariamo ad essere felici attraverso la semplicità, allora molte complicazioni svaniscono, spariscono molti bisogni, e finalmente possiamo riposare. Gesù ci invita a seguirLo; non ci inganna: essere con Lui è portare il suo giogo, accettare l’esigenza dell’amore. Non ci verrà risparmiata la sofferenza, ma il suo peso è leggero, perché la nostra sofferenza non ci verrà causata dal nostro egoismo, ma che soffriremo solo quanto sia necessario e basta, per amore e con l’aiuto dello Spirito. Inoltre, non dimentichiamo, «le afflizioni che si soffrono per Dio vengono raddolcite dalla speranza» (Sant’Efrem).

È questa la nostra realtà: veniamo da Qualcuno e torniamo a Qualcuno. Non veniamo dal nulla e non torniamo al nulla, ma veniamo da Dio e torniamo a Lui. Non esiste il nulla, esiste Dio. Jahwè significa “Colui che è”, mentre il nulla vuol dire “ciò che non è”. Come si può credere di tornare nel nulla che, per definizione non esiste. C’è una contraddizione in termini. Ma Dio non è solo colui che è, cioè che esiste per forza propria, ma anche Colui che è vicino. Vicino ad ognuno di noi: ci ascolta, ci perdona e ci ristora quando siamo stanchi, affaticati e oppressi.