Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.

PRIMA LETTURA: Ez 47,1-2.8-9.12

Vidi l’acqua che usciva dal tempio; e là dove essa giungeva, tutto era risanato.

SALMO: (Sal 45)

Un fiume rallegra la città di Dio.

Oppure:

Con la tua presenza, salvaci Signore.

SECONDA LETTURA: 1Cor 3,9c-11.16-17

Voi siete tempio di Dio.

«In quel tempo, la donna Samaritana disse a Gesù: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».

Gv 4,19-24

La Samaritana capisce dalle prime battute del dialogo che Gesù è un profeta, perché egli le ha rivelato il mistero della sua vita più intima, privata: «Gli replicò la donna: Signore, vedo che tu sei un profeta» (4,19). Ma non finisce qui il percorso di scoperta dell’identità di Gesù: alla fine, quando ormai il dialogo è entrato nella questione importante dell’adorazione di Dio, la donna giunge a credere che questi è il Messia.

Il cammino che il brano del vangelo della Samaritana fa compiere al lettore dice come sia possibile giungere alla fede. Anzitutto Dio si avvicina all’uomo: attraversa la sua strada, anche quella che pare la più strana, come quella che Gesù ha scelto di percorrere. A Gesù che passa e si ferma, assetato, non fa impressione il parlare con una donna, per giunta Samaritana, per giunta in stato di irregolarità rispetto alla Legge. Anzi, proprio questi – i peccatori – egli è venuto a cercare, e non i sani: e per questo chiede a quella donna da bere.

E ora Gesù potrà mostrarsi come salvatore. Non in senso astratto, però, ma arrivando sul campo delicato e coinvolgente degli affetti. Così vien dato il dono della fede da parte di Dio: mai in modo teorico, staccato dalla terra o dalla vita. Perché ciò accada, Gesù deve mettere il dito sulla piaga della donna. Ma non con moralismi (che pure sarebbero stati facilissimi da porre in atto) o condanne, ma permettendole liberamente di riconoscere la propria condizione: «Va’ a chiamare tuo marito». È facile per lei immaginarsi Dio in modo “teologico”, distaccato, giudicante; ma quella donna ha bisogno di salvezza in un altro senso.