Ecco la meditazione sulla liturgia della parola di questa Solennità della Madre di Dio:
“Anche se ha una radice molto antica, perché risale ai primi secoli della vita della Chiesa e trova nel concilio di Efeso del 431 la sua definitiva espressione dogmatica, non c’è dubbio che la qualifica di “madre di Dio” (Theotokos) non può che apparire azzardata. Non meno, d’altra parte, della complessa questione della cristologia delle due nature e della loro compresenza in Gesù Cristo. Del resto, dal punto di vista dottrinario, la grande tradizione cristiana è tutt’altro che facile, e non sempre la devozione popolare, soprattutto quella mariana, riesce a star dietro alla complessità delle dichiarazioni dogmatiche.
La grande tradizione artistica, soprattutto quella medievale, ama molto raffigurare Maria come madre di Dio. Anche quando indulge su aspetti più intimistici, la rappresentazione della maternità di Maria non rinuncia mai a una forte dimensione di solennità. Maria è seduta in trono e il figlio che porta sulle ginocchia regge nella sua mano il mondo.Tutti coloro che vengono al mondo siano “nati da donna” non c’è dubbio.
Anche Gesù, quindi. La sua origine è perfettamente rintracciabile dentro la storia del popolo della Legge, lì dove le donne non mettevano (e non mettono) al mondo i loro figli e le loro figlie soltanto in vista della sussistenza di un gruppo etnico particolare. Dedicando a Dio i figli maschi perché nel loro corpo si perpetui, con il rito della circoncisione, l’appartenenza al popolo dell’alleanza, le donne di Israele fanno della maternità un compito teologico e non solo biologico. L’antica formula cristologica citata da Paolo attesta con forza che un uomo, un giudeo come tanti altri è stato in realtà colui che ha fatto dono a ogni creatura, con la sua risurrezione, del suo stesso spirito. Ormai, a far parte di quello che la Bibbia chiama il “popolo della sua eredità” possono entrare tutti, perché tutti hanno ricevuto lo spirito di figli, dal momento che Cristo per tutti è morto e per tutti è risuscitato. La benedizione contenuta nel libro dei Numeri ha un risvolto inquietante: com’è possibile che il Dio che, quando rivolge sugli uomini il suo volto, concede pace sia stato troppo spesso associato a trame di guerra? E com’è possibile che in nome di quel Gesù che Maria e Giuseppe offrono all’adorazione di sapienti e pastori sia stato diffuso tanto odio e versato tanto sangue? Nessuno, d’altra parte, è senza peccato: le religioni hanno contribuito a tenere alta la retorica delle guerre.
Può sembrare un paradosso, ma la madre di Dio impone di guardare anche a Dio stesso con occhi diversi. Non tanto perché lo rende più buono perché “più umano”: in fondo anche gli umani sanno essere molto feroci. Nel momento in cui ci ricordasse che il corpo di donna, attraverso il quale tutti siamo passati, ci ha generati alla vita e non alla morte forse il mondo sarebbe diverso. Nascendo da una donna, il Figlio di Dio attesta nel modo più pieno che Dio è amante della vita.E non è un caso che la Chiesa renda onore alla Theotokos, sia pure timidamente ormai, con una giornata dedicata alla pace. Anche questo ci aiuta a ricordare che un corpo di figlio sulle ginocchia di una madre può essere un solenne inno alla vita che una guerra può trasformare in una tragica “pietà”.” cfr Lc 2,16-21
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Dal Vangelo secondo Luca
Lc 2,16-21
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.