Venne a Cafarnao perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia
PRIMA LETTURA: Is 8,23b – 9,3
Nella Galilea delle genti, il popolo vide una grande luce.
SALMO: (SAL 26)
Il Signore è mia luce e mia salvezza.
SECONDA LETTURA: 1 Cor 1,10-13.17
Siate tutti unanimi
nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi.
“Quando Gesù seppe
che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e
andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di
Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta
Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno
dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato
Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti
pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed
essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due
fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca,
insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi
subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando
il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel
popolo.”
Mt 4,12-23
Questa domenica è molto importante a livello liturgico ed
ecclesiale, in quanto è la prima volta nella storia della Chiesa che si celebra
una domenica specifica dedicata interamente alla Parola di Dio.
Papa Francesco, infatti, con la lettera apostolica in forma di “Motu
proprio”, dal titolo “Aperuit illis”, del 30 settembre
2019, ha stabilito che “la III Domenica del Tempo Ordinario sia
dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio.
Questa
Domenica della Parola di Dio verrà così a collocarsi in un momento opportuno di
quel periodo dell’anno, quando siamo invitati a rafforzare i legami con gli
ebrei e a pregare per l’unità dei cristiani. Non si tratta di una mera
coincidenza temporale: celebrare la Domenica della Parola di Dio esprime una
valenza ecumenica, perché la Sacra Scrittura indica a quanti si pongono in
ascolto il cammino da perseguire per giungere a un’unità autentica e solida”.
Oggi, a conclusione dell’ottavario di preghiera per
l’unità dei cristiani capita ad hoc il vangelo di Matteo della terza domenica
del tempo ordinario e che è un forte invito alla conversione come sequela di
Cristo sulla via del dono e del servizio.
E’ Gesù stesso che rivolge questo caloroso invito ai suoi seguaci a Cafarnao
sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali: «Convertitevi,
perché il regno dei cieli è vicino».
Un invito che rimane inalterato nei contenuti, nella sostanza e nella
risposta anche nell’oggi della Chiesa.
Convertirsi è sentire la voce di Dio e a seguirla, lasciando ogni cosa per
servirlo, in piena libertà interiore e umana.
Non a caso, il testo del Vangelo, riporta quello che successe subito dopo
questo annuncio. Gesù, infatti, “mentre camminava lungo il mare di Galilea,
vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che
gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite
dietro a me, vi farò pescatori di uomini».
I primi due discepoli accolsero subito la chiamata del Signore, “lasciarono le
reti e lo seguirono”.
Non furono soltanto loro due i primi discepoli di Gesù, in quanto “andando
oltre, Gesù vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo
fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro
reti, e li chiamò”. Come per i primi due così per i figli di Zebedeo la
risposta fu quella di lasciare la barca e il loro padre e di seguire il
Maestro.
Gesù non promise nulla, non gli fece un contratto di lavoro a tempo
indeterminato, come ai nostri giorni per i più fortunati, non assicurò loro
casa, potere, successo e carriera. Semplicemente li chiamò ed essi risposero
senza esitazione.
Cosa spinse i primi discepoli a questo radicale cambiamento della loro vita, lo
capiranno, dopo la passione e morte in croce di Gesù, dopo la discesa dello
Santo nel Cenacolo, quando effettivamente divennero quello che Gesù aveva
promesso di realizzare con loro e per loro: essi saranno pescatori di uomini e
non più semplici pescatori di mestiere, che ogni giorno cercavano, buttando le
reti, di recuperare in mare il cibo da consumare sulla tavola o da vendere per
vivere onestamente del loro lavoro.
Tutto cambierà per loro e tutto è cambiato e cambierà ogni volta che una
qualsiasi persona si mette sulla strada di Cristo. Da quel momento in poi
cambia vita e segue il vangelo non per interesse, ma per raggiungere la
salvezza.
Il vangelo infatti di questa domenica si chiude con Gesù in azione: Egli
predica, insegna e guarisce, facendo tutto questo mentre percorreva tutta la
Galilea. “Egli insegnava nelle loro sinagoghe, annunciava il vangelo del Regno e
guariva ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo”.
La triplice missione di Cristo, degli apostoli e della
Chiesa è bene definita: insegnare, annunciare guarire.
Si insegna, si annuncia e si guarisce mediante la Parola di Dio, ovvero la
Bibbia. Questa, ricorda Papa Francesco “non è una raccolta di libri di
storia, né di cronaca, ma è interamente rivolta alla salvezza integrale della
persona. Tutto è indirizzato a questa finalità iscritta nella natura stessa
della Bibbia, che è composta come storia di salvezza in cui Dio parla e agisce
per andare incontro a tutti gli uomini e salvarli dal male e dalla morte”.
Ce lo ricorda in modo preciso la prima lettura di oggi,
tratta dal profeta Isaia che in prospettiva del messia, usa un linguaggio
per farlo decifrare nella sua persona e nella sua missione: “Il
popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che
abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai
aumentato la letizia”. La venuta di Cristo sulla terra apporta tutto
questo benessere dello spirito, di cui non tutti ne assaporano la bellezza e la
dolcezza. Infatti, Isaia, guardando a Gesù, descrive quella gioia messianica
che tutti ci auspichiamo di assaporare anche oggi, nel nostro tempo e nella
nostra storia, tra alterne vicende di gioia e di sofferenze: “Gioiscono
davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide
la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue
spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian”.
Cristo liberatore e salvatore è quindi descritto con una intensità di ruolo e
di attività che di fatto si sono realizzati, anche se non del tutto da un punto
di vista di pace sociale e di libertà personali e delle nazioni.
Anche san Paolo Apostolo nel brano della
prima lettera ai Corinzi, seconda lettura della parola di Dio, si
rivolge ai cristiani con un’esortazione che ha tutto il sapore di cogliere
l’essenza stessa della comunità dei credenti, che è quella dell’unità: “Vi
esorto, fratelli – scrive l’Apostolo – per il nome del Signore nostro Gesù
Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra
voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire”. Purtroppo
anche san Paolo deve ammettere che tra i cristiani di Corinto ci sono discordie
di carattere identificativo e di appartenenza ad uno all’altro degli apostoli: “Mi
riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece
sono di Apollo», «Io invece di Cefa», «E io di Cristo». Quattro
partiti, quattro movimenti ecclesiali, quattro gruppi ognuno separato dall’altro,
anzi in contrapposizione, come purtroppo avviene ai nostri giorni, anzi si è
storicamente definito e strutturato con i vari scismi, divisioni nella Chiesa
di Cristo. Legittima la domanda che pone l’Apostolo di fronte a questo sconcio
dottrinale, religioso e di fede unitaria: “È forse diviso il Cristo? Paolo è stato
forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo?”
Come dire che nessuno al di fuori di Cristo può assurgere al ruolo di
salvatore e redentore, di messia e di Figlio di Dio. Perciò conclude questo suo
intervento per mettere pace tra i cristiani di Corinto, riportando al centro
della riflessione quello per cui il Signore lo aveva chiamato e lo aveva
convertito sulla via di Damasco: “Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare,
ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa
vana la croce di Cristo”. Il rischio più grande per la chiesa di ogni
tempo è quello di vanificare l’opera redentrice di Gesù, morto e risorto per
noi.
La croce è segno distintivo del Cristiano, la il Crocifisso è il Figlio di Dio
che muore sulla croce per noi e che tutti dovremmo seguire, imitare, annunciare
e far amare. La nostra conversione passa anche guardando di più alla croce e al
Crocifisso e ponendosi sulle spalle le croci che non sono un castigo, ma solo
un motivo di continua purificazione del nostro io e del nostro inconscio
desidero di metterci al posto di Dio, non per salire sulla croce, ma per
abbattere ogni croce, rendendo vana così l’opera della redenzione.
“La domenica dedicata alla Parola – ha scritto Papa Francesco – possa far crescere nel popolo di Dio la religiosa e assidua familiarità con le Sacre Scritture, così come l’autore sacro insegnava già nei tempi antichi: «Questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica» (Dt 30,14).