Cercavano di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
PRIMA LETTURA: Ger 20,10-13
Il Signore è al mio fianco come un prode valoroso.
SALMO: (Sal 17)
Nell’angoscia t’invoco: salvami, Signore.
«In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata -, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui».
Gv 10,31-42
Oggi, venerdì, quando manca solo una settimana per commemorare la morte del Signore, il Vangelo ci presenta i motivi della Sua condanna. Gesù cerca di dimostrare la verità, ma i giudei Lo giudicano quale blasfemo e reo di essere lapidato.
Come la donna colta in flagrante adulterio, anche Gesù è minacciato di morte per lapidazione perché accusato di bestemmiare in quanto afferma di essere il Figlio di Dio. In verità questo Gesù non lo aveva detto esplicitamente ma lo aveva manifestato attraverso le opere. Esse rivelano il fatto che viene da Dio e confermano la testimonianza di Giovanni Battista.
L’accusa mossa a Gesù di «farsi Dio» è molto grave. I Giudei maliziosamente travisano il senso delle opere compiute da Gesù e lo condannano dando per buona l’interpretazione delle sue presunte intenzioni nel compiere quelle opere. Essi affermano che l’opera in sé è buona ma non lo è invece la sua intenzione. I Giudei fanno dunque il processo alle intenzioni.
La violenza fisica, come quella che si stava per perpetrare contro Gesù, e quella verbale, non meno dannosa della prima, è originata sempre da un cuore che ha smarrito il senso della verità e il lume dell’intelletto. Quanta violenza si nasconde nelle mura domestiche, negli ambienti lavorativi o affiora attraverso i canali social. L’odio contro l’avversario ha come fine quello di screditarlo ed eliminarlo per affermare le proprie ragioni. Chi offende non ha mai ragione, anzi le sue parole rendono sterili anche le buone opere che compie.
Davanti alle minacce Gesù cerca il dialogo ma davanti all’impossibilità di ragionare serenamente, fa un passo indietro e fugge. Non si ritira per paura ma per prudenza. La prudenza è la virtù degli intelligenti perché è la condizione per discernere sapientemente quale sia la parola o la mossa più opportuna in un momento di crisi. Fare silenzio non significa cedere spazio all’ingiustizia ma la scelta di tacere con la bocca permette di far parlare le opere buone. Esse hanno il potere di neutralizzare il male e chiudere la bocca agli esperti della retorica dell’odio.
Alla violenza Gesù avrebbe potuto reagire mostrando la forza. Ma proprio questo dimostra che egli non è un uomo che gioca a fare Dio, ma è Dio che mostra il suo volto umano. In Gesù Dio rivela all’uomo la sua vera dignità di figlio di Dio.