Il Figlio dell’uomo è signore del sabato.
PRIMA LETTURA: Es 11,10-12,14
Al tramonto immolerete l’agnello; io vedrò il sangue e passerò oltre.
SALMO: (Sal 115)
Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore.
Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato».
Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».
Mt 12,1-8
Oggi, il Signore si avvicina al seminato della nostra vita, per raccogliere frutti di santità. Troverà carità, amore a Dio e amore agli altri? Gesù, che corregge la casistica meticolosa dei rabbini, che faceva insopportabile la legge del riposo sabatico: dovrà ricordarci che a Lui solo interessa il nostro cuore, la nostra capacità di amare?
«Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato» (Mt 12,2). Lo dissero convinti, questo è l’incredibile. Come si può proibire di fare il bene, sempre? Qualcosa ci ricorda che non ci sono scuse per non aiutare agli altri. La carità vera rispetta le esigenze della giustizia, evitando l’arbitrarietà o il capriccio, ma impedisce la rigorosità, che uccide lo spirito della legge di Dio, che è un invito costante ad amare, a darsi agli altri.
Ciò che suggerisce un’azione non è solo la legge ma soprattutto il bisogno. Il corpo segnala una mancanza che va colmata. La fame spinge i discepoli a cogliere le spighe e a mangiarle. Formalmente compiono un’azione proibita in giorno di sabato nel quale, secondo il dettame della Legge, bisogna astenersi dal lavorare. Eppure, ci sono delle cose a cui non possiamo rinunciare, come per esempio il mangiare. Non ci nutre solo il pane, ma, come afferma il Libro del Deuteronomio, anche «ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Dt 8,3).
In altri termini, c’è un bisogno immediato segnalato dal nostro corpo ma più profondamente alberga un desiderio, esigente come il bisogno fisico, che emerge dal cuore affamato di amore. Se diamo ascolto a questo richiamo accade di fare un’esperienza straordinaria; impariamo il significato della parola di Dio che, facendosi mendicate dell’amore dell’uomo, gli dice: «Misericordia io voglio e non sacrifici». Sì, Dio è affamato dell’amore dell’uomo.
Arriva a trasgredire la Legge, a farsi «maledizione», pur di darsi in cibo per l’uomo ed unirsi a lui. La «fame» di Dio lo induce a strappare dal cuore dell’uomo la mala pianta del peccato perché, facendosi pane, possano accorciarsi le distanze che lo separano da Lui e annullarsi ogni forma d’intangibilità. Gesù ha infranto ogni barriera che si frappone tra Dio e le sue creature umane e nessuno è autorizzato a erigerle, neanche in nome della Legge.
Accade invece che in nome della misericordia, che è la «fame e sete di giustizia», Dio rinuncia a condannare e si impegna a salvare. Se i farisei avessero compreso ciò che spinge Dio ad agire non avrebbero commesso l’errore di condannare chi è senza colpa. In giorno di sabato i sacerdoti offrono i sacrifici, dunque fanno un lavoro, eppure sono senza colpa.
«Misericordia io voglio e non sacrificio» (Mt 12,7). Ripetiamolo molte volte, per inciderlo nel nostro cuore: Dio, ricco in misericordia, ci vuole misericordiosi. «Quanto vicino è Dio a chi confessa la sua misericordia! Si; Dio non va lontano dai contriti di cuore» (Sant’Agostino). E che lontano siamo da Dio quando permettiamo che il nostro cuore si indurisca come una pietra!
Gesù Cristo accusò i farisei di condannare gli innocenti. Grave accusa. E noi? Ci interessiamo davvero per le cose degli altri? Li giudichiamo con affetto, con simpatia, come chi giudica a un amico o a un fratello? Cerchiamo di non perdere l’orizzonte nella nostra vita.