Il Signore nostro Dio è l’unico Signore: lo amerai.

PRIMA LETTURA: Os 14,2-10

Non chiameremo più “dio nostro” l’opera delle nostre mani.

SALMO: (SAL 80)

 Io sono il Signore, tuo Dio: ascolta la mia voce.
Oppure:
Signore, tu hai parole di vita eterna.

«In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
 
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
 
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
 
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.”

Mc 12,28b-34

Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come sé stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». Nel «Regno di Dio» non si entra quando si muore. Si entra ogni volta che si ama.
Perché il «Regno di Dio» non è un residence di lusso in cui entrerà chi ha dimostrato di meritarselo.
È una sovranità, una forza che tiene e sostiene ogni cosa, è “Qualcuno” che si fa carico di “qualcun altro”.
E lo fa secondo l’Amore, quella limpidissima intenzione di bene a favore dell’altro, che arriva a dare la propria vita perché l’amato viva.

Un regno così non avviene per prodigi che scendono dal cielo, ma per uomini e donne che giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto si dedicano ad amare.
No, non lasciandosi solo prendere dall’emozione e dal sentimento.
Piuttosto decidendosi, in piena responsabilità e libertà, di dedicarsi al bene di tutti, partendo dal primo che si trovano accanto fino all’ultimo più lontano da loro.

E amano anzitutto impegnandosi a far bene quel che ogni giorno sono chiamati a fare, anche oltre la misura richiesta, solo perché sperano che a qualcuno possa giovare.
E amano cercando di fare dei loro legami un laboratorio di armonia, riconciliazione, attenzione, ascolto, accoglienza, valorizzazione, rispetto, cura, comprensione e compassione. Offerti e ricevuti.

Le condizioni di vita a cui siamo costretti in questi giorni, stanno mettendo in crisi anche i normali modi, linguaggi, tempi, luoghi del voler bene e non c’è da banalizzare a riguardo, dicendo «basta amare». No, non è così semplice.
Molta della sofferenza e della paura che stiamo tutti provando, riguarda anche quello o, forse, soprattutto.
Si è fatto precario anche il voler bene, nei suoi aspetti più concreti, oppure si è fatto difficilissimo.
Il pensiero che farsi vicino a chi amiamo può fargli del male, unito a un enorme senso di impotenza, non solo spaventano, ma toccano qualcosa che sta alla radice di noi.
E che ha a che fare con il cuore del Vangelo.

Non c’è tempo in cui non si possa amare, ma ogni tempo chiede le sue strade.
C’è da tracciarne di nuove e non sappiamo molto bene né dove, né come.
Riconoscerlo con umiltà e semplicità ci pare già un atto d’amore e di fede nel «Regno di Dio» che è sempre vicino.