Traduzione in italiano corrente

BOLLA “ DEBITUM PASTORALIS OFFICII “ DI PAOLO III DEL 19 FEBBRAIO 1535

PAOLO VESCOVO,SERVO DEI SERVI DI DIO.

A PERPETUA MEMORIA DEL FATTO.

Il dovere dell’ufficio pastorale, affidato a noi dall’alto, comporta e sprona ad essere pronti ad accogliere, dare ascolto e dispensare pieno favore ai desideri che spingono le vergini prudenti ad offrire la loro verginità, con voto solenne nella vita religiosa, all’unico sposo Gesù Cristo e andare incontro con le lampade accese allo stesso Sposo, che è il più bello tra i figli dell’uomo, affinché poi ne derivino fiori di onore e frutti di onestà  e di regolare disciplina.

Ebbene da parte della diletta figlia in Cristo Maria Lorenza Longo, donna catalana, ci è stata presentata recentemente una richiesta nella quale si diceva che detta Maria aveva eretto, costruito dalle fondamenta e sistemato a Napoli l’ospedale di Santa Maria del Popolo per poveri malati incurabili e che si era adoperata costantemente all’assistenza degli stessi poveri.

Ma ora sotto il peso delle malattie e della senilità, mossa dallo zelo della religione e della devozione, desidera passare dalla vita attiva alla contemplativa, come più sicura; per questo ha fatto iniziare la costruzione di un monastero di monache sotto l’invocazione di Santa Maria in Gerusalemme presso il suddetto ospedale, nel luogo da lei designato con l’apporto di pie elemosine e dei beni che Dio le ha concesso.

Inoltre ha ricevuto alcune donne povere, le quali ogni giorno vi recitano l’ufficio divino. E vuole completare il suddetto monastero nelle sue strutture, per la propagazione della stessa religione e a gloria e aumento del culto e dl nome di Dio, se troverà l’appoggio dell’autorizzazione della Sede Apostolica.

Quindi dalla stessa Maria la quale afferma di essere decisa a rinchiudersi nel suddetto monastero insieme ad altre monache e fare vita religiosa, ci è stato umilmente supplicato che, con benignità apostolica, ci degniamo di concedere licenza di portare a compimento lo stesso monastero e provvedere a quanto sarà necessario all’effetto.

Noi pertanto, che desideriamo vivamente l’espansione della religione soprattutto nei nostri tempi, facendo molto conto nel Signore del pio desiderio della suddetta Maria, accogliamo la sua supplica e, con autorità apostolica, in virtù della presente, concediamo licenza alla stessa Maria affinché possa condurre a compimento totale il predetto monastero, con una chiesa umile, campanile, campane, cimitero, plaustro, dormitorio, refettorio, orti, giardini e tutte le altre dipendenze e officine necessarie, presso il medesimo ospedale e nel luogo da essa designato, come si è detto; senza che debba chiedere assolutamente autorizzazione all’Ordinario del luogo né a nessun altro superiore né rettore della chiesa entro i cui limiti parrocchiali si trova il luogo dell’iniziato monastero, né al rettore del suddetto ospedale.

Con l’autorità e il tenore delle presenti lettere, senza alcun pregiudizio, lo erigiamo e istituiamo, qualora sia fornito della conveniente clausura, in monastero di monache del Terz’Ordine di San Francesco secondo la regola di Santa Chiara, sotto l’invocazione predetta, per un’abbadessa e dodici monache, che professino i tre voti regolari dello stesso ordine; le quali, per questa prima volta, saranno ammesse ad elezione di essa Maria e, per il futuro, secondo gli statuti dello stesso ordine e le norme opportune che darà la medesima Maria. Saranno ricevute senza nessuna dote. Nel numero non si contano le converse e le inservienti del monastero.

Dovranno servire l’Altissimo osservando la regola dello stesso ordine in perpetua clausura, sotto la protezione della sede Apostolica e la cura di un confessore secolare o regolare, il cui compito sarà soltanto di celebrare la Messa, ascoltare le loro confessioni e amministrare i sacramenti; sarà maturo di sacerdozio e di età, di vita esemplare e zelante della Religione; e verrà eletto dalla stessa Maria, mentre sarà in vita, e poi dall’abbadessa e dalla maggior parte delle monache professe, sia in forma permanente sia per tempo come loro vorranno; potranno anche rimuoverlo e sostituirlo con un altro; a lui spetta istruire le monache con la sua dottrina, edificarle con il suo esempio e incitarle ad una vita perfetta. E non potranno uscire al monastero, se non nel caso di estrema  necessità e per pochi giorni, con la licenza e il consenso della maggior parte di esse.

E con l’autorità e il tenore delle presenti lettere parimenti concediamo e permettiamo che la stessa Maria possa, mentre sarà in vita, reggere e governare il suddetto monastero; e le monache sono obbligate ad obbedirle come madre e superiora. Concediamo inoltre che possa domandare una o due monache di qualunque  Ordine, che accettino volontariamente, chiesta ed ottenuta la licenza dei loro superiori, le quali monache vengano trasferite al predetto monastero allo scopo di dirigere ed istruire le monache nei riti, usi e regolare osservanza; queste saranno comprese nel numero fissato di dodici.

Potrà anche eleggere e deputare una delle monache come sua successora dopo la sua morte; porre a capo delle monache novizie, qualora vedrà convenire, un’altra delle monache con l’incarico di istruirle e insegnar loro; sostituire altre al posto delle monache defunte e, ogni volta che resteranno vacanti gli uffici del monastero, designare di anno in anno altre che siano approvate dalla maggior parte delle monache, purché tali uffici non si protraggano più di un triennio. Concediamo inoltre che, dopo la morte della suddetta Maria, le monache professe del monastero possano eleggere, alla morte di ogni abbadessa, un’altra per maggioranza di voti.

Parimenti concediamo in favore del suddetto monastero che nessuna persona, per quanto munita di qualsiasi privilegio, possa entrare in esso, a meno che esista una speciale, specifica espressa menzione e sufficiente derogazione delle presenti lettere, e per causa legittima e necessaria.

Concediamo alla stessa Maria che possa, per una direzione salutare, stabilire statuti ed ordinazioni, giuste ed oneste e non contrarie ai sacri canoni, che dovranno essere osservate dall’abbadessa e dalle monache che si succederanno.

Inoltre concediamo all’abbadessa e alle monache presenti e future che possano avere in comune qualsiasi sorta di beni mobili e immobili e semoventi, come pure censi, rendite e proventi, e tutte le offerte, legati e donazioni pie fatte al suddetto monastero dalla stessa Maria o da altri fedeli, per i bisogni legittimi e necessari delle stesse monache e delle sette converse ed inservienti, il cui numero non potrà essere aumentato, come anche per il sostentamento e gli alimenti convenienti.

Concediamo ancora ai rettori del suddetto ospedale che possano amministrare, senza scrupolo di coscienza, ad interim all’abbadessa Maria e alle monache il necessario per il loro sostentamento dai beni dello stesso ospedale, come fanno di presente, ed esse lo possano parimenti ricevere.

Concediamo anche al monastero, all’abbadessa, alle monache e alle persone ad esso appartenenti, presenti e future, che possano usare, usufruire e far valere tutte e singole le immunità, esenzioni, libertà, privilegi, grazie, concessioni, indulgenze, favori e indulti che usano, usufruiscono e fanno valere i monasteri e i luoghi del Terz’ordine di San Francesco e dell’Ordine di Santa Chiara e le loro abbadesse, le monache ed altre persone, e che forse useranno, usufruiranno e faranno valere nel futuro.

Concediamo che possano entrare nel monastero il confessore per l’amministrazione dei sacramenti o per altre necessità, ed il medico, soltanto per visitare le inferme, ma di conformità, conoscenza ed espresso consenso dell’abbadessa e di tutta la comunità, e con avvertenza che, sia nell’entrare che nell’uscire, due delle monache professe più anziane debbano accompagnare i suddetti confessore e medico.

Concediamo che lo stesso confessore possa, con autorità apostolica, assolvere la predetta abbadessa Maria e le monache, come anche le converse ed inservienti che saranno elette liberamente dall’abbadessa e dalla comunità, imponendo loro penitenza salutare in proporzione della colpa, da tutti i delitti e casi riservati, anche dai vescovi e dalla Sede Apostolica ad eccezione di quelli enumerati nella bolla che si usa leggere in Cœna Domini; ugualmente possa applicare loro l’indulgenza plenaria di tutti i peccati, nella forma che si usa nella Chiesa, una volta in vita e nel momento della morte.

Riconosciamo perpetuamente al suddetto monastero, a titolo di dotazione, i beni che saranno ad esso erogati o lasciati. Inoltre, con l’autorità e il tenore di queste lettere, esimiamo assolutamente e liberiamo totalmente lo stesso monastero, i beni suoi attuali e futuri, così anche l’abbadessa Maria, le monache e le persone in esso viventi, da ogni giurisdizione, visitazione, correzione, dominio e superiorità dell’ordinario del luogo e del suo vicario e ufficiali, e di qualsiasi altro superiore di ogni tempo; e lo riceviamo sotto la protezione di san Pietro, della stessa Sede Apostolica e nostra, sottomettendolo immediatamente a noi e alla stessa Sede, in tal modo che sia l’ordinario del luogo, come pure i suoi vicari e i suoi ufficiali, e nessun altro superiore presente o futuro, possano esercitare alcuna giurisdizione, superiorità, autorità, dominio, visitazione o correzione, neppure per ragione di delitto o contratto o negozio, dovunque si commettesse il delitto, si facesse il contratto o il negozio, sul monastero, i beni, l’abbadessa Maria, le monache e le altre persone; né possano promulgare sentenze, censure o pene di scomunica, sospensione o interdetto o altre, ma l’abbadessa Maria, le monache e le altre persone predette sono obbligate a rispondere in giustizia, ai loro querelanti, davanti alla stessa Sede o ai suoi legati e delegati, esponendo i processi che fossero stati tenuti, le sentenze, le censure, le pene che fosse capitato di essere promulgate dagli Ordinari, dai vicari, ufficiali e superiori predetti  contro la presente concessione e qualsiasi cosa invalida e vana scientemente o ignorantemente fosse capitato di venire attentata.

Non ostante le costituzioni e le ordinazioni emanate, quella del Papa Innocenzo IV, che incomincia con la parola “Volentes”, e quelle emanate dal Concilio Lateranense ultimamente celebrato, o da qualsiasi altra costituzione o ordinazione apostolica, nonché quelle emanate nei Concili provinciali e sinodali, generali o speciali anche quelle corroborate con giuramento di detti ordini o da conferma apostolica, o da qualsiasi altra conferma, da statuti o da consuetudini ed anche da privilegi, indulti apostolici di qualsiasi ordine, luogo e persone, sotto qualunque tenore e forma ed anche con qualsiasi clausola anche quelle derogatorie delle derogatorie e le altre più efficaci ed insolite, anche quelle invalidanti ed altri decreti concessi ed approvati.

 A tutte queste disposizioni e alle singole di esse a tenore della presente bolla noi deroghiamo espressamente ed in modo speciale a tutte quelle disposizioni, anche se di esse e di tutti i loro tenori fosse stato necessario fare speciale, specifica, singolare ed espressa menzione, oppure usare qualsivoglia altra espressione o tenere una qualche altra forma appropriata al caso o fosse stato necessario esaminare e valutare parola per parola senza niente affatto tralasciare anche riguardo alla forma nella quale quelle disposizioni sono state espresse; ritenendo queste cose come già osservate, deroghiamo in questo caso soltanto a quelle disposizioni che resteranno in altri casi nel loro valore e deroghiamo a tutte le disposizioni contrarie di qualunque genere.

A nessuno dunque sia lecito assolutamente infrangere questa pagina della nostra fondazione, costituzione, concessione, indulto, applicazione, appropriazione, esenzione, liberazione, decreto di protezione, e di deroghe, ovvero opporsi a detta pagina con ordinamento temerario.

Se qualcuno poi presumerà attentare simile cosa sappia che incorrerà nella indignazione di Dio Onnipotente e dei suoi beati Pietro e Paolo.

Data a Roma presso san Pietro, l’anno dell’incarnazione del Signore mille cinquecento trentaquattro undicesima kalenda   (diciannove febbraio), primo anno del nostro pontificato